Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte, collaboratore del quotidiano La Repubblica, Direttore Artistico di Spazio Taverna… e molto molto altro, affronta con lucidità e talvolta parole affilate – d’altronde, quanno ce vo’, ce vo’ – il tema della straordinaria ricchezza di Roma e della sua necessaria “gestione”.
Chiamare Roma città d’arte è riduttivo, chiamarla città eterna certo affettuoso ma ancora non sufficiente: Roma ha una straordinaria unicità che permette a chi la sa vivere di aprire occhi e pensiero su passato, presente e futuro contemporaneamente.
C’è però un “biglietto” necessario, per potere accedere a tanta visione: ed è la visione – se non la visionarietà – di chi gestisce e cura i suoi molti tesori di ogni tempo, una visone che deve permettere la riattivazione del passato mediante il futuro, garantendo e moltiplicando il dialogo tra quei tesori, e facendone così il nostro presente.
In pochi minuti Pratesi individua l’unicum di Roma – amatissima e pertanto capace di ottenere perdono anche quando deve superare alcuni difetti di organizzazione – e disegna la via per il superamento di un certo immobilismo: la polvere dei secoli non è grave quanto quella che si accumula quando manca il necessario dialogo non solo tra le istituzioni, ma anche tra le gestioni ed il pubblico, soprattutto quello dei giovani.
Ossia: uno sguardo sul futuro dell’arte a Roma partendo come è necessario – oltre che affascinante – dal suo passato.