Claudia Pecoraro: progettista culturale, curatrice e ricercatrice in museologia, esperta di inclusione, partecipazione e attivazione della cittadinanza… e archeologa.
Potresti forse temere, alla luce di tutte queste competenze, che parlare con lei possa risultare fin troppo denso. Invece, la densità c’è, moltissima, ed il pensiero ti colpisce per quanto è lineare, a volte ammiccante, spesso addirittura visionario.
L’arte contemporanea è, innanzi tutto, arte, dice Claudia Pecoraro:un conforto, qualcosa che scalda il cuore e che contemporaneamente stimola il pensiero e, anche, la visione del futuro.
L’arte infatti ha sempre una funzione politica, anche quando non la ricerca: politica non certo sotto il profilo della scelta di partito o di movimento di aderenza, ma nel senso greco di “questione che riguarda la vita della città” che, a sua volta, è molto semplicemente, il luogo dove viviamo.
E alle artiste e agli artisti Claudia Pecoraro affida convintamente un compito, quello di mettere in azione il loro “potere salvifico, quasi psicomagico”
con il quale esplicitare la straordinaria capacità dell’arte di fare rivoluzione per riportare l’ordine, in un movimento circolare continuo, necessario in un mondo come il nostro fatalmente connotato dal caos – oggi forse più che in altri precedenti periodi.
Con la sua capacità di interpretare, definire, creare, l’arte, quando esprime una vera e propria urgenza interpretativa della realtà ha un potere oracolare e sentimentale:
sa, cioè, parlare di futuro, dei nostri sentimenti, di quel che ci piace, temiamo, intuiamo: citando Camus, Pecoraro spiega che l’arte è necessaria là dove non tutto è chiaro, dove cioè c’è ancora qualcosa da capire.
Libertà e mercato, sentimento e visione, piacere di possedere e piacere di vedere: è un vero caleidoscopio quello che Claudia Pecoraro “fa girare” con la sua voce pacata e contemporaneamente stimolante in questa intervista che si conclude, come le altre di questa serie, con la domanda, che le faccio, su Roma e l’arte contemporanea.
Pecoraro segnala come il mercato non sia a Roma, ma come questo non sia necessariamente un male, perché rende la libertà più fruibile; ma soprattutto come sia importante che questa nostra fantastica città si liberi da quel “tanto” di ingessatura che accompagna la sua istituzionalità.
Iniziative come Rome Art Week sicuramente servono a spingere verso l’alto l’asticella del fermento artistico e culturale; fermento che è sicuramente aiutato dai social ed in generale dalla possibilità di fruizione online delle opere.
Tutto questo non può che essere positivo perché, come di molto altro, anche dell’arte contemporanea si può a ragione dire che conoscendola meglio ed in modo più diffuso potrà essere superato anche qual certo timore di non capirla che spesso la circonda.