RUGGINE ESISTENZIALE a cura di Linda Musa
Gianni Colangelo, in arte MAD ossia “pazzo”, è un artista abruzzese operante soprattutto nel territorio della Valle Peligna, dove vive e lavora. Artista poliedrico, i cui caratteri fondamentali si identificano nei concetti di riciclo e riuso di materiali, soprattutto metallici, non più utilizzati e arrugginiti dal tempo. Si definisce “pazzo” in quanto la volontà di identificarsi ed operare come artista a tempo pieno nella società attuale rappresenta una scelta difficile, poiché l’esistenza umana è dettata sempre più da schemi massificati, le cui caratteristiche fondanti sono materialità, denaro ed economia. Un artista principalmente scultore, le cui opere vengono realizzate attraverso riutilizzo di pezzi metallici di vario genere. Le sue opere infatti prendono vita proprio da ciò che non è più necessario all’uomo, dai pezzi da lavoro (come bulloni meccanici o attrezzi per il lavoro della terra) agli oggetti d’uso quotidiano (come caffettiere o forchette). Oggetti ed elementi di scarto che vengono rimodellati ed assemblati per creare nuove creature legate sia al mondo reale che a quello surreale. Elementi metallici spesso caratterizzati dalla presenza della ruggine: un processo di degrado del materiale che si riflette nella visione metaforica dello scorrere del tempo e dell’esistenza umana, la quale vive, si trasforma, invecchia e muore. Riuso e riciclo che rappresentano per MAD una volontà positiva di conservazione della memoria attraverso la trasformazione della materia e la creazione di un essere inedito, totalmente diverso. Gianni possiede da sempre un forte legame con l’ambiente in cui vive, assegnando una forte importanza al concetto del recupero. L’osservazione, lo studio e il rispetto per la natura rappresentano infatti i punti salienti delle proprie opere, in quanto le sue “creature” sono spesso legate al mondo umano, naturale ed animale, reinterpretate in una chiave soggettiva ed originale. Una passione per la scultura che prende avvio già dalla sua infanzia, quando si divertiva a creare piccole figure attraverso l’assemblaggio di materie naturali, quali terra, pietra, legno ed altro. Un percorso che vede il suo punto di partenza un po per gioco, osservando vecchi oggetti di utilità quotidiana e appartenenti a vari mestieri, racchiusi in stalle o cantine. Soggetti che diventano con il tempo e l’esperienza sempre più complessi attraverso l’inserimento anche di parti robotiche e meccaniche per far sì che vi sia un’interazione tra l’opera ed il fruitore. Oggi presso lo Spazio Inangolo Gianni Colangelo, MAD, espone due opere: Ectopesci e L’ultima Cena. L’opera “Ectopesci”, realizzata nel 2010, si identifica in due pesci appesi dall’alto con una piccola catena che sta ad indicare una sorta di amo. Un forte richiamo agli animali catturati, pescati e successivamente appesi all’interno delle celle frigorifere, in attesa d’essere consumati. Il senso dell’opera gira intorno al tema della vita che scorre e della morte. Un concetto facilmente intuibile da parte dello spettatore. Riciclo e riutilizzo di materiali metallici rappresentano gli aspetti della trasformazione della materia in una creatura nuova, in un nuovo essere. Conoscenza accurata del materiale, minuziosità e precisione sono i tratti salienti e visibili di quest’opera. “Ectopesci” è stata realizzata infatti attraverso l’assemblaggio di metallo riciclato, riproducendo quasi fedelmente le fattezze anatomiche dell’animale. L’opera “L’ultima Cena”, realizzata nel 2014, rappresenta invece un uomo nell’atto di consumare il suo ultimo pasto in quanto condannato. Nel particolare lo vediamo seduto dinanzi ad un tavolo con i resti della cena e intento a brindare mentre tiene nella mano destra un boccale, presumibilmente pieno di vino (deducibile dalla bottiglia posta sul tavolo), mentre con l’altra saluta consapevole del fatto che sia arrivata la sua ora. Sulla spalla è poggiato un uccello con la testa d’avvoltoio, che simboleggia la morte stessa. La scultura ha come elemento fondamentale il movimento: apre e chiude la bocca accompagnato da un suono agghiacciante e al tempo stesso derisorio nei confronti della morte, come volesse beffarsi di lei alza e abbassa un braccio per brindare, l’altro per salutare. L’uccello, posto sulla sua spalla, gira la testa da destra a sinistra come a voler controllare e osservare la situazione generale. Suono e movimento si attivano al passaggio del fruitore, attraverso un apposito sensore. Realizzata attraverso l’assemblaggio di metalli riciclati, con l’inserimento di parti meccaniche per permetterne il movimento. Uno strato di vetrificante per ruggine gli conferisce un aspetto lucido e lo protegge, per renderlo duraturo nel tempo.