FABIO CARRARESI – ALBE TRAGICHE
Perché “ALBE TRAGICHE”?
Può mai un’alba definirsi tale?
Ebbene sì, se essa, col suo flebile chiarore, non riesce a fugare le pesanti ombre della notte.
Sì, se l’aprirsi del nuovo giorno fa sinistramente riecheggiare gli incubi covati nel buio, i quali prima debordano dagli argini scuri che a stento li contenevano, poi lenti dilagano sull’algida distesa del mattino sino ad offuscarla del tutto.
Ancora sì, se la speranza di emanciparsi dal passato naufraga miseramente nell’impossibilità di vivere il presente e di scorgere uno spiraglio di futuro, qualsivoglia esso sia.
Il titolo “Albe tragiche” sta qui ad accomunare l’inesorabilità dei destini dei personaggi ai quali Fabio Carraresi darà voce nei due incontri qui programmati.
Ne “L’esecutore”, a quello dell’ultimo boia in Francia che svolge il suo lordo lavoro all’esordio di un giorno irrimediabilmente spezzato dalla brusca cesura della ghigliottina, un taglio brillante e gelido pari a quello della luce aurorale.
Poi, in “A voce alta”, sarà la volta di Michael, che rievoca la sua complessa e drammatica relazione amorosa con Hanna nella Germania di fine anni cinquanta, da poco fuoriuscita dall’orrore della guerra è vero, ma ancora terribilmente infestata dagli spettri del nazismo e dei suoi crimini indicibili.
Andrea Petrai