Duralar Duralex | Giacinto Occhionero
La pittura è, tra i mezzi espressivi, il più utilizzato, il più autentico e naturale, e, allo stesso tempo il più astratto, puro significato, in cui si accentua il centro della creatività della forma, seguendone passo passo la sua genesi. Dice sempre Paul Klee “ al principio c’è l’azione… al di sopra sta l’idea”. L’opera rappresenta quindi per l’artista un momento sperimentale e spontaneo dell’ideazione creativa. Dove testimonia in modo evidente il formarsi dell’immagine, il segno come scrittura che uscendo all’inconscio diventa pensiero visivo. E nei suoi ultimi lavori Giacinto Occhionero sotto il titolo “Duralar Duralex” esprime il senso di una essenzialità visiva, solo apparentemente confusa, ma strutturalmente legata alla visione ironica e colorata della vita. Esprimendo con il suo incontenibile segno una depistante linea gestuale, guidata da una manuale irruenza, identità piena di un espressionismo emotivo e culturale inserito in una solida realtà.
La struttura di ogni opera è composta quindi come l’espressione di un pensiero non verbale, trasformato in una struttura articolata e consolidata nella rivelazione della realtà. Dove si raccoglie un esercizio stilistico capace di trasformare un desiderio, nell’ironia della creatività, in una dilatazione del tempo e dello spazio. Macchie, segni veloci, prepotenze cromatiche, si contengono la definizione dello spazio, contendendo alla natura e alla poesia la inquieta ricerca delle soluzioni formali dell’opera. Coadiuvato dall’utilizzo di materiali plastici e pitture sintetiche in chiave sperimentale il suo campo di investigazione si concentra in un’astrazione che si estende da suggestioni geologiche allo spazio e si articola in una visione dinamica della forma. La coesione di intenzionalità e accidentalità si sedimenta nella proliferazione di “dots)” e “circles” cromatici che liberandosi in un moto vorticoso restituiscono senso dello spazio e profondità, al tempo stesso agiscono come “dissuasori visivi” negando la stessa profondità attraverso densità irregolari, contrastando la continuità strutturale e compositiva. I “circles” e successivamente i “drops” sono caratterizzati da una gamma cromatica che varia dalle metallizzazione ai colori acidi descrivendo esplosioni e vortici.
Altra interessante applicazione della sua sapienza cromatica è la relazione tra colore e movimento, in cui egli si propone di produrre effetti simultanei e contrastanti tra loro mediante una mediatica e diligente unione di gamme coloristiche con diversa luminosità. Tale meccanismo crea una sensazione diversa di prospettiva e una sorprendente assimilazione del colore. Il tutto suggerisce allo spettatore ad ammirare un mondo materiale/immateriale, paesaggi, fiori, visioni dell’atmosfera terrestre e finanche reminiscenze sessuali che lo portano verso l’immateriale, verso la trascendenza.
Le illusioni visive che ne derivano evidenziano processi intuitivi e relazioni tra concetto e forma, coscienza e realtà fisica. L’artista con i suoi gesti, istituisce un rapporto con la vita, evolvendo il modo di vedere oltre l’espressione estetica in una condizione di privilegio fantastico. Ma ancora una volta non guarda fuori, ma dentro. Dentro alle sue origini, dentro al suo essere, scegliendo il gesto ideale, la forma ideale, tra proporzioni da contraddire, colori da esibire, parole da suggerire e segni onirici da sublimare. Nel fare arte Giacinto Occhionero non concede nessuna concessione allo stile, alle esigenze dello spettatore, ma il tenace e paziente rincorrersi del segno sulla superficie trasparente dei materiali usati come base esprime una ricerca di qualcosa che c’è che esiste. Spesso non c’è nemmeno una storia da descrivere e si arriva direttamente all’interno dell’immagine piegando la tecnica all’esigenza espressiva della visione.
Con il costruirsi e decostruirsi delle forme che si liberano dalla loro funzione di esprimere un concetto, i “soffi di colore” rapidi delle bombolette spray da lui utilizzate rappresentano un punto d’arrivo, una definizione in se della forma con sofferti tentativi di riconoscere una realtà interiore e parallela. Scaturisce in questo modo una dimensione poetica in cui lo spazio, movimento, ritmo, luce e vibrazioni sono elementi riferibili a una oggettiva ed emotiva visione onirica, in cui, ancora una volta, il segno non è mai affidato al puro istinto ma a una esigenza creativa e strutturata.
In questa fase del suo lavoro l’artista vuole far credere l’idea stimolante e allo stesso tempo provocatoria che fare arte è entrare nell’anarchia dell’essenza della struttura. Ma al contrario questi lavori, pieni di luce e di colore, rinviano a una visione concreta del mondo dell’oggi, in cui l’artista ha ben presente le assimilazioni che gli derivano dei diversi incroci culturali incontrati durante il suo percorso formativo e creativo. Paul Valery ha scritto che “oltre la visione quantizzata della scienza e al di là della visione solenne della storia, c’è una visione più ricca, più difficile da rappresentare, più singolare del tempo, quella del tempo-che-accade, che ci apre allo stupore, come all’urto avventuroso della storia, che in fedeltà alla propria natura, l’uomo deve ritornare ad abitare”. A voler significare che comunque l’arte, anche oggi, rimane sempre l’unico segmento esistenziale tra la speranza umana e la poesia.