Contemporary Art Magazine
Autorizzazione Tribunale di Roma
n.630/99 del 24 Dicembre 1999

La Materia Solida, ma non per tutti.

[wp_ulike]
Fig 1 Nicola Pisano, ambone Duomo Siena

Sì, la materia solida è per tutti sempre la solita materia, la “grana”; la solidità del nostro mondo affarista è tragicamente materialista, è la ricchezza economica, di essa si parla ne Il Capitale di Karl Marx, ma non proprio per tutti la solidità è quella materiale.

Per i metafisici la materia solida, la materia pesante, è invece lo Spirito e l’Anima, la Memoria, la Compassione e la Misericordia; questi spiritualisti, agli occhi del mondo quotidiano, appariranno spericolati e banali idealisti, con visioni astratte e fideistiche e certamente improbabili!

Ma tant’è, per esempio, che oggi la ventinovenne Marlene Engelhorn, ereditiera dell’impero della chimica tedesca BASF, dice: <<Non merito quei soldi>> e rinuncia alla sua eredità di quattro miliardi di euro e aggiunge: <<I soldi di per sé non rendono felici>>, contesta il suo establishment e si batte da anni, con altri del suo pari, perché i ricchi vengano tassati di più!

In arte la materia solida si realizza nella Tradizione Artistica di quella memoria antropologica poetica che ha proceduto inesorabilmente dall’homo sapiens fin all’homo faber, le creatività artistiche e tecniche passarono quindi attraverso l’apprendistato sia dal maestro all’allievo e sia dal padre al figlio, impalpabilmente…

Lo so che oggi l’arte è solo concettualità ed industria virtuale, ma è un bene? Io sono e voglio restare vecchio e vi descriverò ancora un artista artigiano, quell’ Homo Faber Fortunae Suae, rappresentante di quegli uomini artefici della propria sorte.

Nel passato la Storia dell’Arte ci ricorda splendidi esempi di queste eroiche transumanze artistiche famigliari, grandi mano ovali che hanno dato origini a…

Nel Duecento gli architetti e scultori d’origine pugliese Nicola e il figlio Giovanni Pisano, nel Quattrocento ci furono gli speciali ceramisti fiorentini Luca, e il nipote Andrea e suo figlio Giovanni con lo zio Girolamo e ancora i nipoti Fra’ Mattia, Fra’ Luca, Fra’ Ambrogio Della Robbia; nel Cinquecento abbiamo i pittori “leonardeschi” lombardi Bernardino e i suoi figli Evangelista, Giovan Pietro e Aurelio Luini, nel Seicento i famosi pittori romani “caravaggeschi” Orazio figlio di Giovan Battista e padre di Artemisia Gentileschi; un altro nucleo familiare artistico, bolognese, del fine Cinquecento, composto da due fratelli Annibale e Agostino e un cugino Ludovico, era quello dei Carracci.

Certo, all’interno di queste “scuole parentali” di bottega, oltre allo stile e ai vari psicodrammi da costellazioni famigliari, ci saranno stati per alcuni componenti consanguinei vantaggi pieni di orgoglio e per altri anche un pesante impegno al trapasso generazionale, nonché travaglio stilistico.

A Pescara, vicino al Museo di Gabriele D’Annunzio, c’è il museo che celebra la discendenza artistica più conosciuta e numerosa della pittura del Novecento italiano, il Museo Civico Basilio Cascella.

Fig 2 Basilio Cascella, ”I fiori di cardo”, 1901

Tra bisavoli, bisnonni, nonni, zii e figli, tra pittori e scultori sono cinque generazioni; il patriarca Basilio Cascella (1860-1950) fu illustratore, tipografo, pittore e editore di riviste letterarie.

Basilio diede i natali ad una lunga stirpe di esteti; i figli Tommaso, Michele e Gioachino tutti pittori, i figli di Tommaso sono gli scultori Pietro e Andrea, i figli di Pietro sono Susanna e Tommaso jr. (mio coetaneo) che è padre di Matteo detto Basilé e Davide detto Sebastian, e a questo punto è probabile che abbia scordato qualche altro discendente bohemien.

Fig 3 Tommaso Cascella, paesaggio rurale

Uomo di stazza quattrocentesca, Pietro Cascella poteva benissimo essere stato un modello per i bassorilievi di Jacopo della Quercia; l’ho visto qualche volta a Pietrasanta nei primi anni Novanta, soprattutto in occasione della posa di un suo monumento, naturalmente di marmo bianco Carrara, in una piazza davanti al Municipio; in quel periodo anch’io, nella stessa città, iniziai a lavorare ed assemblare il marmo policromo e così continuai per più di dieci anni.

In una sua emblematica frase, Pietro ci immerge nella sua umanità poetica: <<Ed è con questi solidi fantasmi che sono ora diventato quasi vero uomo>> un verso saggio, che ci illustra la lotta dello scultore contro la “solida materia” e che sottolinea a volte l’illusione dell’homo faber, (in quel -quasi-), di riuscire a dominare i fantasmi dei suoi desideri, per essere vero.

Fig 4 Pietro Cascella, monumento per Pietrasanta

Ho conosciuto Tommaso jr. a Roma nei primi anni Ottanta, mi chiese di partecipare alla sua rivista di arte e poesia “Cervo Volante” un insieme di testi poetici e disegni dei nostri colleghi contemporanei; Tommy tentava di rinverdire il prestigioso salotto letterario del pescarese Basilio Cascella frequentato da Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Umberto Saba, Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Pascoli, Sibilla Aleramo…

Tommaso Cascella jr. è pittore scultore ed editore; assomiglia fisicamente al padre Pietro, sempre pronto alla battuta di spirito prosaica e alla buona cucina, ha avuto anche una madre brava mosaicista Anna Maria Cesarini Sforza.

Tommy non sfugge al suo carattere sanguigno nell’esprimere la sua pittura rivelando con sfavillanti colori netti con dei tagli curvilinei improvvisi la sua tecnica privilegiata: il collage su carte alle quali a volte sovrappone a distanza segni duri di ferro; d’indole bonaria, ma anche capace di arrendersi ai “tagli” esistenziali che l’inevitabile gli propone.

Fig 5 Tommaso Cascella jr., pittura e ferri su legno
Fig 6 Tommaso Cascella jr., serigrafia

Nelle sculture in ferro tondo ottiene sempre strutture di lunatici astrolabi in bilico cosmico, molto affascinanti soprattutto se inseriti all’ombra verde di qualche parco.

Ho visto nascere i figli di Tommaso, Basilé e Sebastian quasi insieme ai miei, sono vispi e pragmatici, sono fotografi e video maker e già agli inizi anni Duemila avevano ottenuto notevoli successi; nelle loro immagini scavano a fondo le personalità e i paesaggi cercando un’antropologia “diversa”, nascosta nella materia solida del potere sociale.

Fig 7 Matteo Basilé, ”Hybrida”, Roma 2022
Fig 8 Davide Sebastian, ”Innesti”

Auro e Celso nati a Roma nel 1986, sono i nostri gemelli generati con mia moglie Caterina Fabris, figlia dello scultore Toni e sono la quarta generazione di artisti da parte della casata Fabris.

Il capostipite fu Luigi Fabris (1883-1952) di Bassano del Grappa detto Gigio pittore e ceramista provetto studiò nel Reggio Istituto di Belle Arti di Venezia dove fu premiato in denaro e in voti per l’ottima modellazione del nudo; nel 1916 ebbe l’importante incarico di un rivestimento ceramico al Grand Hotel Ausonia & Hungaria al Lido di Venezia.

Questa immensa decorazione Liberty con stilizzazioni auliche di fiori e di nudi di donna ricoprono per tre quarti le facciate dell’ampio hotel, questa installazione gli diede una notevole fama internazionale esclusiva perché, a paragone, tutt’ora non ci sono tanti altri esempi in Italia.

Fig 9 Luigi Fabris, Hotel Ausonia & Hungaria, Lido di Venezia 1916
Fig 10 particolare

Negli anni Venti, Gigio fondò a Milano la Manifattura Italiana Porcellane Artistiche Fabris, nel 1923 partecipò alla prima Fiera Campionaria di Milano, e nel 1929 partecipò alla Fiera di Lipsia facendo concorrenza alla Richard Ginori.

Seguirono varie sculture, monumenti per alberghi, piazze, cimiteri e vari ritratti; il più famoso alla Principessa José del Belgio per le nozze con Umberto di Savoia.

Luigi Fabris non seguì le mode dei contemporanei, ma ebbe lo stesso l’ammirazione di personaggi nazionali e internazionali come gli attori Ettore Petrolini e Cesco Baseggio, e il Vate Gabriele D’Annunzio, quest’ultimo lo definì “ottimo artefice”.

Un episodio piccante successe quando D’annunzio lo invitò ospite al Vittoriale, e lì Gigio si perse per i meandri dei paradisi artificiali, fu così che la sua vacanza-lavoro si protrasse per più di un mese, fin quando Nellì, sua moglie Eleonora si decise di andare a riprenderlo.

Nel 1915 nacque il secondogenito di Luigi Fabris, Gianantonio detto Toni che si laureò in scultura all’Accademia di Brera a Milano risultando l’allievo prediletto di Francesco Messina.

Conobbi il papà di Caterina nei primi anni Ottanta, di statura alta, bei capelli, viso allungato, molto riservato ed educato, purtroppo è stato in quel periodo che si ammalò di una malattia invalidante, dovuta ai fumi delle cere sciolte per realizzare i modelli delle sue sculture in bronzo.

Nei suoi primi passi d’apprendista, Toni fu d’aiuto nella fabbrica di porcellane di suo padre, ma per essere nello spirito dei tempi moderni 1937 si appassionò al cinema d’animazione a passo uno.

I suoi primi esperimenti cinematografici furono in bianco e nero ma poi nel 1949 fece il suo capolavoro “Gli uomini sono stanchi” un film, un “corto” a colori su pellicola 35mm, la sua specialità era modellare e animare in plastilina sculturine aventi anatomie classiche con riferimenti stilistici che vanno dal Quattrocento, all’Informale novecentesco.

Fig 11 Toni Fabris, ”Gli uomini sono stanchi”, frame da video 00.09.31 sec., -Uomo stanco-, 1949-50

Toni modellò qualche anno per realizzare questo fantastico e innovativo cortometraggio d’animazione, della durata di circa dieci minuti: questa volta con atmosfere scenografiche crepuscolari; lavorò pervicacemente modificando di volta in volta i personaggi e scattando inquadrature per circa 16.000 fotogrammi.

La consulenza ai testi del suo film “Gli uomini sono stanchi” fu del Padre gesuita Nazzareno Taddei (fondatore poi della famosa rivista di cinema e tv educazione audio visiva Edav), e fu la voce dell’attore Giorgio Albertazzi ad interpretare i passi post-atomici biblici, e la colonna sonora originale fu ideata dal compositore Luciano Chailly; Toni come regista di animazioni in plastilina realizzò in totale cinque cortometraggi.

Lo stile scultoreo di Toni è un informale dinamico, germinale-generativo; e alla Biennale di Venezia del 1966 ebbe una sua sala, espose in gallerie e musei europei, fece un monumento all’ Italsider di Milano e un trofeo per l’Alfa Romeo, morì 1989.

Fig 12 Trofeo Alfa Romeo 1974 Toni Fabris

Di me, non vi racconto niente, tranne quell’episodio che mi spinse all’amore incondizionato per l’arte.

Sono nato nel 1952 in Umbria a sud di Todi, da una semplice famiglia di contadini, nella vallata tra i fiumi Naia e Arnata; in tutta la nostra casa, che era più che funzionale, le pareti di calce erano piuttosto vuote, senza orpelli; nella modestissima sala da pranzo c’erano solo un crocefisso e le foto dei parenti reduci di guerra, al centro però, capitata lì per caso, per qualche strano baratto, una piccola riproduzione fotografica plasticata, tipo souvenir, della Tempesta del Giorgione.

Il mio miracolo artistico scaturì dentro quella sgranata riproduzione da “peracottari”; più la osservavo e più assorbivo, e sarà per quel guardiano-guerriero, a bada di una strana mamma nuda che allatta il suo bambino nudo in riva ad un ruscello sotto un esile ponticello o sarà forse per quell’imminente temporale sopra un castello e per quel vento frusciante tra le foglie di alberi dai colori verdacei, o sarà per quel serpentino lampo giallo che irrompe nel cielo grigio perlaceo, insomma, è per quella scena arcadica tenera e misteriosa che restai così turbato e che da allora la portai sempre nei miei sogni pittorici.

Fig 13 Bruno Ceccobelli, ”Maternità”, 1990

Auro e Celso dal 2001 lavorano sempre a quattro mani, hanno studiato all’Istituto d’Arte di Ceramica di Deruta rinnovando le tradizioni familiari del nonno e del bisnonno, ma ben presto si sono avvicinati, anche loro, al video, alla fotografia e alla scultura.

Fig 14 Auro e Celso Ceccobelli, Sfuocografìa, 2018

Nel tempo hanno creato una vasta videoteca filmica chiamata “doCumentArti” che raccoglie i loro video, omaggi ai grandi artisti italiani ed esteri.

Le loro sculture meccatroniche, pezzi unici, sono identificate come arte Post-Apocalittica, da loro nominate “Arte Garaggesca”; un’arte che parte dai rifiuti o scarti meccanici e tecnologici (un’attenzione per una cultura che parta dal basso con un rimando alla maniera Caravaggesca) per mediarli e mitigarli con pezzi di elementi naturali, cercando di contenere l’infernale ascesa della cultura Trans-Umanista.

Le installazioni di A&C vengono definite “sculture performative”, in quanto correlate da luci e suoni o musiche da loro composte interattive con gli stessi fruitori.

Fig 15 Auro e Celso Ceccobelli, ”Masaru Emoto”, legno d’olivo e fascette elettriche, impianto audio bluetooth, suoni cibernetici della natura, 2018

Albert Einstein diceva: <<L’universo è Energia e questo è tutto>> e Nikola Tesla affermava: <L’energia, le vibrazioni e le frequenze modellano la realtà>> e aggiungerei che tutto è pensiero intelligente.

Il pensiero è già la cosa, la Materia Solida quindi prima di tutto è il pensiero che ci dirige verso una meta, un significato.

Il pensiero, figlio della memoria, è quella “materia solida” che ci aiuterà a riscoprire e tramandare gli artefact dei nostri avi originali, in questo senso il primo uomo deve essere stato assolutamente un artista!

Artista solido, questo nostro antenato sia esso d’espressione naif o artista sperimentale d’avanguardia, o artefice di perfette forme dalla grazia figurativa, sicuramente vivrà una differenza se crescerà e respirerà in una bottega familiare, o se apprenderà invece da fantasmagorici accademici di solita materia.

Bruno Ceccobelli

Bruno Ceccobelli nasce a Montecastello di Vibio, (PG), il 2 settembre 1952. Vive e lavora a Todi. Deve molto all’artista Toti Scialoja, col quale si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ama e studia artisti come Malevich, Kandinskij, Klee, De Chirico, Brancusi, Beuys, Miró, Dalí, Tàpies, Magritte. Completa la sua eclettica formazione giovanile con lo studio delle filosofie orientali Zen e Taoismo. Dalla seconda metà degli anni Settanta fa parte degli artisti che si insediano nell’ex-pastificio Cerere, a Roma, nel quartiere San Lorenzo, un gruppo di creativi poi noti come “Nuova scuola romana”. La sua ricerca è inizialmente di tipo concettuale, per poi giungere a un’astrazione pittorica che approda a un vero e proprio simbolismo spirituale.

22 Settembre 2022

Bruno Ceccobelli

Bruno Ceccobelli nasce a Montecastello di Vibio, (PG), il 2 settembre 1952. Vive e lavora a Todi. Deve molto all’artista Toti Scialoja, col quale si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ama e studia artisti come Malevich, Kandinskij, Klee, De Chirico, Brancusi, Beuys, Miró, Dalí, Tàpies, Magritte. Completa la sua eclettica formazione giovanile con lo studio delle filosofie orientali Zen e Taoismo. Dalla seconda metà degli anni Settanta fa parte degli artisti che si insediano nell’ex-pastificio Cerere, a Roma, nel quartiere San Lorenzo, un gruppo di creativi poi noti come “Nuova scuola romana”. La sua ricerca è inizialmente di tipo concettuale, per poi giungere a un’astrazione pittorica che approda a un vero e proprio simbolismo spirituale.

Numero Corrente

Materia Solida

Nello stato solido i costituenti della materia sono legati da forze molto intense che consentono soltanto moti di vibrazione attorno a posizioni di equilibrio; Dalle avanguardie del novecento ad oggi il pensiero creativo ha trasformato la materia in un elemento magico,, talvolta disturbante, ma sempre adatto per una visione sensibile del mondo, che sia reale o immaginario.

15 Settembre 2022

Occhio sul mondo

Uno sguardo sugli eventi internazionali

In Biennale

LA BIENNALE DI VENEZIA 2022 - I PROTAGONISTI

Disclaimer Fotografie

Le fotografie presenti in questo articolo sono di pubblico dominio oppure state fornite dall’autore dell’articolo che ne assume la piena responsabilità per quanto concerne i diritti di riproduzione. Questo disclaimer è da considerarsi piena manleva nei confronti dell’editore. Se il tenutario dei diritti volesse richiederne l’eliminazione o l’apposizione di particolari crediti è pregato di scrivere a redazione@e-zine.it