Contemporary Art Magazine
Autorizzazione Tribunale di Roma
n.630/99 del 24 Dicembre 1999

A colazione dallo Chef Daniel

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Scusatemi, mi sono sbagliato, volevo scrivere: <<Venite a colla-azione dall’artista Spoerri.>>

Daniel Spoerri

Daniel Spoerri nato in Romania nel 1930, di famiglia ebraica naturalizzato svizzero ed è danzatore, coreografo, regista, editore, scultore e cuoco.

Apolide, fin da giovane girovago ricercatore, prima per sfuggire ai nazisti, poi per seguire la “Via dell’Arte”, Spoerri è sempre stato un curioso filosofo esoterico.

Come tutti gli esperti maestri dell’Arte Contemporanea del Novecento, anche lui è riuscito a dare “scacco matto” alla realtà, con la mossa del cavallo, quella della creatività.

Daniel nel suo gesto destabilizzante, non voleva dipingere, ma, come accadeva nel Dada e nel new Dada, voleva solo vivere “l’attimo estremo” come Kurt Schwitters e il suo intricante work in progress MERZbau, o come Marcel Duchamp con i suoi ready-made, oggetti presi “già fatti” dall’industria, ma da lui cambiati di contesto, o ancora come i sonori meccani strampalati di Jean Tinguely, o il fluxoartista Robert Filliou poeta e videomaker.

Cari gesti esistenziali e cari maestri da me tanto amati in gioventù.

Daniel, dicevo, non è un pittore, vuole essere una calamita umana, attirare a sè tutto; prima raccogliere, catalogare compulsivamente gli infiniti scarti e i legami naturali umani e lessicali, dopo fissare globalmente, o meglio “imprigionare”. Insomma è un accaparrarsi gli inciampi esistenti per poi riposarli in una vorticosa danza.

Così inventò nel 1959 il famoso tableau-piège (il quadro trappola), un vero successo per questo nuovo assemblage artistico; la sua arma segreta è stato l’ingrediente più semplice, più comune, un colpo di genio: la colla. La sua diventò presto una rivoluzione incollata.

Simile al ragno con la sua ragnatela, Daniel va a caccia della realtà oggettiva, che per lui risultò sempre essere violenta, sconcertante, infingarda e bizzarra e così cercò di trattenerla, mangiandola, più precisamente affossandola nell’eternità con un trucco ad arte, arrestando “il tutto” in un quadro.

Nel 1961 a Copenaghen nella mostra “l’Epicerie” (il supermercato) espose e vendette generi alimentari, lattine, bottigliette, cartocci di pomodori, prodotti normali, con il normale prezzo da negozio, ma in più il suo caratteristico timbro rotondo “Attenzione Opera d’Arte” e, in mezzo ad esso, il suo nome e cognome.

Dunque se la realtà è pericolosa, l’arte lo è di più… è una mina esplosiva e, poeticamente, una trappola immortale per l’oggettività sfuggente.

Nello stesso anno Spoerri fa la prima mostra in Italia, a Milano nella Galleria di Arturo Schwarz, dove vende la sua prima opera… “Le Tiroir”, un tavolo con un cassetto aperto, con una lattina di birra, un bicchiere e attrezzi di lavoro.

Clienti al Ristorante Spoerri di Düsseldorf nel 1968

Nel 1968 nasce a Düsseldorf il Ristorante Spoerri con intenti artistici, slow food, slow art, c’erano ricette che lui definì “premasticate” e cibi esotici come cavallette e vermi al cioccolato, il tutto a soli mille marchi, certamente caro, ma che onore… i resti del cibo sulla tavola diventavano arte!

Lo sporco, i resti del passaggio umano… nel consumare gli alimenti, sono per lui una grande ispirazione, parabola attuale e fonte di guadagno.

Questo mi ricorda i momenti più felici della mia infanzia in campagna, passati a giocare da solo tra i “preziosi tesori” dell’immondizia cittadina.

In altre opere che poi vendette insieme ai suoi cataloghi, Spoerri fece dei panini farciti di immondizia… manipolò i generi alimentari al pari della nostra epoca consumistica e inquinante.

Nell’opera “Mignon Schreibmaschine” del 1969 sorprendentemente Daniel fu un vero veggente: consisteva in una macchina da scrivere inzuppata di pane, la materia di lievito appare tra i meccanismi, rigonfia, informe e sgradevole come un “blob”.

Les lunettes nuires 1961

Spoerri anticipò di cinquant’anni quello che oggi è sotto agli occhi di tutti: la creatività distruttiva, il modus operandi della Big Food e passando dalle belle arti all’arte diabolica, possiamo constatare che l’innominabile padrone già della Big Pharma si sta ingegnando ad altro, al cibo spazzatura.

Il rettiliano americano è già il più grande proprietario terriero degli Stati Uniti, ma ora il novello dottor Jekill smaneggia gli OGM e gestendo una banca dei semi, si permette di dichiarare inutili e dannose anche le mucche dando il via, nella Silicon Valley, alla carne sintetica!

Nel 1970 Spoerri istituì con diverse performances la Eat art (mangiare l’arte), cioè il nutrirsi e il riprodursi, al dunque la questione centrale della sopravvivenza, l’arte come osservazione strategica per comprendere la perfida “realtà” e salvarsi da essa, per lui è stata una sfida e una guerra da vincere.

Il cibo diviene per Daniel un rito esemplare dell’introiezione e della incorporazione dell’ambiente alla pari del simbolo cristiano dell’ostia, il corpo divino nella comunione.

Memore delle cene futuriste e convinto “rovesciatore”: capovolgere per poter passare dal piano orizzontale convivale, al piano verticale con valore estetico-spirituale.

Per questo Spoerri dal 1965 al 2001 organizzò acclamati banchetti imbanditi e decorati con i Brotteig-Objekt, curiose sculture in pasta di pane, con tanti ospiti e collezionisti, servendo al contempo “l’attrape tripe”, la trappola per la trippa.

L’osservazione fondamentale in un qualsiasi dopo pasto è per lui partire dal disordine del caos lasciato dopo una qualsiasi mangiata e risalire fino alla cucina; Daniel il celebratore della messa in piatto, volle per fino uccidere i polli che mangiava, sulla sua “tavola-quadro” avveniva così il rituale sacro della morte e della vita, decomposizione e rinascita.

Si può mangiare anche con gli occhi, <<Noi siamo quello che mangiamo, come noi siamo quello che vediamo>>, molte opere di Daniel illustrano questo antico assioma.

Les lunettes nuires 1961

Mi piace qui riportare anche una simpatica dedica, nota che mi fece sul catalogo della sua esposizione al Museo Pecci di Prato nel 2007 dal titolo esoterico “NON PER CASO” (legge universale degli spiritualisti).

Spoerri, in questa dedicazione, da buon alchimista divide “Cecco” da “belli” e ne fa una equazione tra “cieco” e “vedente”: Cecco in effetti viene da: francese-Francesco-Cesco-Cecco e diventa onomatopeicamente cieco.

Eccoci al sodo, solo essendo ciechi si può vedere, uno dei temi importanti di Spoerri è vedere… evadendo la realtà, lui ammira solo gli uomini che sanno desiderare l’invisibile e non osservare i dati cosiddetti reali, quelli statistici.

Dedica di Daniel Spoerri per Bruno Ceccobelli

Così l’Arte può sconfiggere la realtà mangiandola, ricreando un sogno, un motto di spirito; così per un altro consacrare “la merda d’artista”!

15 Marzo 2022

Bruno Ceccobelli

Bruno Ceccobelli nasce a Montecastello di Vibio, (PG), il 2 settembre 1952. Vive e lavora a Todi. Deve molto all’artista Toti Scialoja, col quale si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ama e studia artisti come Malevich, Kandinskij, Klee, De Chirico, Brancusi, Beuys, Miró, Dalí, Tàpies, Magritte. Completa la sua eclettica formazione giovanile con lo studio delle filosofie orientali Zen e Taoismo. Dalla seconda metà degli anni Settanta fa parte degli artisti che si insediano nell’ex-pastificio Cerere, a Roma, nel quartiere San Lorenzo, un gruppo di creativi poi noti come “Nuova scuola romana”. La sua ricerca è inizialmente di tipo concettuale, per poi giungere a un’astrazione pittorica che approda a un vero e proprio simbolismo spirituale.

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