Irrefrenabili Automatismi
evento curato da Simona Cresci, Teresa Di Gregorio, Luciano Fabale, Klaus Mondrian.
con la collaborazione di Lori Adragna
Il segno libero è quello tracciato quasi soprappensiero.
Combinando insieme spazio e materia, il segno si va tramando nell’aria. E’ una trama lontana da quella rigida e ordinata della stoffa. La sua struttura si determina ora piano ora veloce, dall’impulso distratto di chi lo compie. E’ un impulso vitale che arriva incontrollato. Ma è quell’ impulso che per diventare gesto e direzione necessita di un ordine che permette ai singoli tratti di moltiplicarsi progressivamente costituendosi in forma. Sorta di automatismo accompagnato dalla previsione, paradosso di casuale e causale, ricalca la struttura imprevedibile dell’esistenza, la traduce in tracciato grafico. Come in un gioco, tra regola e caso, prende forma l’immagine di un volto, chi vive ora piano ora veloce, certamente sospeso tra disordine e rigore.
La tensione esistenziale tra predeterminato e imprevedibile, casualità e controllo compare anche nell’oggetto automatizzato.
In “Pendolo” e “Meccanismo immaginifico n.2 il contorsionista” ‘l’impulso umano che va tracciando la forma del ritratto compare trasformato in forza meccanica.
Entrambi sono dotati di un movimento predeterminato che non esclude impreviste interferenze con lo spazio circostante. Ancora in bilico tra regola e caso, “Pendolo” può diventare strumento molesto. Come un qualsiasi strumento, anche “Pendolo” agisce in uno spazio circoscritto. Questo è lo spazio dell’opera, ben segnato e individuabile, in cui chi guarda vi può entrare, si può muovere e interferire col dispositivo in movimento trasformandosi momentaneamente in evento estetico. Ma chi inizia a danzare con Pendolo non può non instaurare un rapporto anche con chi di Pendolo è il momentaneo padrone.
Prodotto meccanico nell’era della tecnologia avanzata “Pendolo” non vuole essere utile se non per provocare una reazione. Curioso e manovrabile, offre una esperienza completa solo se intrapresa in due: chi sarà il soggetto che ne determinerà il movimento e chi invece ne subirà l’aggressione? Nuovo arnese a plurima fruizione, invita al gioco proponendosi come strumento di sperimentazione nel rapporto tra oggetto, persone e spazio dell’opera.
“Meccanismo immaginifico n.2″, il contorsionista” manifesta con aria vagamente minacciosa il il flusso vitale che si robotizza. Non più impulso bio-psichico che disegna ritratti nell’aria, è movimento tecno-psicotico che nell’aria fa vibrare un corpo. Sembra esausto e si sostiene tra scatti e sussulti come indotti da forza elettrica esterna. Si adagia finalmente nell’agognato riposo, ma un guizzo vitale gli impone di seguire daccapo la stessa manfrina. Immagine meravigliosa e impietosa insieme, non vorrà fare il verso ai ritmi frenetici che spesso ci riducono (quasi) così?
(Teresa Di Gregorio)
Oggetti apparentemente diversi tra loro per materia e composizione, quali “Ritratti” in silicone e le installazioni dinamiche conosciute come “Meccanismi immaginifici”, si relazionano nella mostra personale di Daniele Statera dal titolo “Irrefrenabili Automatismi”
Il termine “Automatismo” collega immediatamente al Manifesto del 1924 di André Breton e alla sua definizione del Surrealismo, in particolare quando scrive: “Il Surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme di associazione finora trascurate, sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero.” Daniele Statera realizza sculture prevedendo l’interazione con il pubblico attraverso il gioco che “apre le porte di alcune zone della nostra essenza altrimenti raramente praticate”.
La definizione di gioco esplicitamente articolato e complesso mette in luce i molteplici sistemi di somiglianze, di sovrapposizioni, tra le cose che deputiamo arte e la personalità dell’artista che le mette in pratica. Le regole che lo definiscono sono state nel tempo sovvertite, sostituite e in alcuni casi eliminate. Basti pensare a Marchel Duchamp e alla sua associazione tra il ruolo di artista e quello di giocatore di scacchi.
Il gioco quale elemento composto da regole trasgredibili, diviene il principio della ricerca artistica di Daniele. I “Meccanismi immaginifici” sono “oggetti giocabili” e la loro interazione, necessaria al fine della loro funzione, ne autorizza un intervento attivo… giocoso… e nel concetto di gioco è spesso contenuta l’idea di competizione.
“Irrefrenabile”: come travolgente è la possibilità di giocare.
Percorrendo la mostra “Irrefrenabili Automatismi”, lo spettatore potrà non distinguere la separazione tra i vari ambiti: è design industriale? È scultura? È grafica?
Qualificherei Daniele Statera come artista del suo tempo con uno spiccato senso ironico, da sempre impegnato a sperimentare nuove tecniche e nuovi linguaggi espressivi al confine tra design, fotografia e grafica.
I suoi ritratti in silicone nero e in metallo che ben interagiscono con le strutture m