Gillian Lawler – Edgelands
Gillian Lawler, da sempre interessata al paesaggio e alla sua memoria dove spesso risiede la tensione tra il reale e l’immaginario, esplora nuovamente in questa serie di dipinti inediti, Edgelands, i concetti di confini, bordi, transizioni e trasformazioni rielaborando quegli insediamenti abbandonati, tipici della sua ricerca, attraverso la contrapposizione di un reale immaginario e di uno realmente reale.
L’artista continuando sempre a rinnovare il proprio linguaggio pittorico, sulla base anche di esperienze private e professionali, di recente ha iniziato a suddividere la tela in due territori tracciando una linea di demarcazione dove forme geometrico-astratte si incrociano, si trasformano, si dissolvono o si assorbono fino a diventare territori della mente; spazi meditativi per l’artista abitati da piattaforme e impalcature che le consentono di riflettere sull’idea di trasformazione e transizione della vita stessa.
L’esplorazione di questi luoghi surreali si è ulteriormente intensificata in Edgelands assottigliando il divario tra questo mondo e il prossimo cogliendone la caducità della vita composta da fugaci momenti in assenza di tempo e spazio alla ricerca di una terra senza confine, di
un mondo interiore situato tra il conscio e l’inconscio.
I suoi fondali, semplici spazi vuoti, le permettono di immaginare una linea temporale o una dimensione alternativa di questi luoghi astratti composti da sistemi fluttuanti in perenne divenire. Molti degli elementi presenti sono, infatti, semplificati, ridotti all’essenza, per creare
prospettive ardite attraverso una serie di strutture indefinite e singolari visioni concettuali di spazio, tempo ed esistenza. Questi luoghi eterei abitati da improbabili elementi, che appaiono talvolta vistosi altre volte mimetizzati da elaborati motivi, creano paesaggi onirici tali da
sovvertire il reale dando vita a una fusione tra i due mondi.
Edgeland si focalizza proprio sul desiderio di abbattere queste frontiere tra l’onirico e il reale, un mondo inviolato fatto di corpi indistinti
e talvolta invisibili che si connettono attraverso l’uso simbolico del colore verde. Quel colore “la qual mistione si estende verso l’infinito”
(Leonardo da Vinci, Trattato della pittura, 1540) verso mondi lontanissimi e territori mistici.
Non è un caso, infatti, che il noto sensitivo torinese Gustavo Rol usasse proprio il verde, simbolo stesso dell’equilibrio, situato al centro dell’iride, per la sua straordinaria energia, per il dominio della materia. È da lui così annotato nel suo diario: «Ho scoperto una tremenda legge
che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore» (28 luglio 1927). È in queste poche parole racchiuso il segreto di quella che Rol definì “coscienza sublime”, termine con il quale indicava il punto di arrivo di quell’alchimia spirituale e di quella forza creatrice che gli permetteva di aprire le porte di mondi sottili, ovvero di dimensioni invisibili che coesistono all’interno della realtà tridimensionale del mondo materiale.
Anche secondo la mitologia celtica si presume che gli spiriti siano in grado di viaggiare tra mondi (Tir nAill, parola gaelica per definire
l’“altra terra”) attraversando gli assi naturali. Le svariate strutture di colore verde negli ultimi lavori di Gillian Lawler diventano pertanto punti
di incontro e connessione nel tentativo di attraversare o connettere questi mondi invisibili o altri strati di esistenza diventando nuovi assi
naturali e richiamando così l’attenzione su questi confini geometrici come nuovi luoghi di possibilità, mistero e bellezza.
VALERIA CEREGINI