Contemporary Art Magazine
Autorizzazione Tribunale di Roma
n.630/99 del 24 Dicembre 1999

No alle svastiche, si alla Caprese!

Con i suoi murales, da circa quindici anni, ripulisce i muri di Verona e provincia dalle scritte di odio e inni al razzismo. Un variopinto inventario di alimenti carico di ironia per sconfiggere la tristezza e la violenza
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All’anagrafe sei Pier Paolo Spinazzè, ma sui muri di Verona sei CIBO. Il tuo è un lavoro davvero nobile, coprire con i murales le brutte svastiche, le frasi d’odio sui muri della città. E il soggetto rappresentato è sempre un alimento. Come nasce l’idea di un progetto così specifico?
In realtà il motivo è molto semplice e forse anche un po’ egoistico, ero stufo di vedere scritte d’odio e simboli inneggianti fascismo e nazismo sui muri della mia città. Erano già diversi anni che facevo murales, CIBO ancora non esisteva, ma in quel momento è nato con tanta ironia e un pizzico di provocazione. Diciamo un po’ per scherzo un po’ per gioco.

Per quale motivo coprire con gli alimenti e non altro?
I motivi sono tanti. Banalmente tanti semplificano dicendo che copro il cattivo con il buono, che di per sé è vero ma in realtà è molto più complesso. Partirei facendoti un esempio, il piatto che preferisco disegnare è la caprese e non solo perché è buona ma soprattutto per quello che rappresenta. È piatto nazionale quasi quanto la pizza e in sé racchiude il tricolore ma di italiano ha solo la mozzarella. Infatti, il pomodoro rosso è originario della Colombia, il basilico dell’India e, se ti piace metterci un filo d’olio, l’olio d’oliva è originario della Siria. La cucina è tanto tradizione quanto contaminazione, curiosità di scoprire culture nuove, sapori nuovi: se ti isoli mangi male!
Senza considerare che a tavola siamo tutti più buoni. A tavola non si litiga quasi mai, si è tendenzialmente di buonumore. Mangiare insieme è un momento di convivialità, condivisione. In Italia poi la cucina fa parte della nostra cultura, mangiamo guardando programmi di cucina, pranziamo chiedendoci cosa mangeremo a cena,… . Praticamente faccio una forma speciale di arte sacra.
Poi CIBO è nato in campagna, la platea erano contadini persone di grandissimo cuore ma spesso lontane dal concetto di arte contemporanea o street art. Io faccio arte pubblica, volevo che il messaggio arrivasse a tutti in maniera semplice. Il cibo un’altra volta rispondeva alle necessità.
In ultimo, ma non meno importante (almeno per me), adoro mangiare! Sono magro e non si direbbe ma mangerei tutto il giorno, costantemente, sempre e qualsiasi cosa!

Stiamo parlando di “Arte pubblica”, ovvero arte per tutti, come è il tuo rapporto con gli abitanti dei quartieri in relazione all’intervento che devi realizzare.
Il rapporto con gli abitanti è sempre ottimo. Pensa che capita spesso mi portino da mangiare, da bere, chiedano qualche foto e scambino un paio di parole. Tante volte passano da soli e poi tornano con i bambini, gli amici, …

La risposta di Verona e dei suoi quartieri è stata subito positiva o ci sono state reazioni contrarie?
Purtroppo, se parliamo di Pubbliche Amministrazioni non ricevo grande appoggio anzi, se possono preferiscono lasciare simboli divisivi per anni e cancellare i miei murales in pochi minuti per poi denunciarmi per imbrattamento. È capitato anche questo.
Ma per fortuna, parlando di cittadini la risposta è stata positiva e quasi immediata. Mi ricordo una volta in campagna che all’interno di un campo di asparagi ho disegnato un “cubo” di cemento ricoprendolo di asparagi. Appena l’ha visto il contadino è corso in azienda emozionato dicendo “c’è uno che disegna asparagi, chiamiamolo!” e da lì è nato il murales più grande del Veneto 1.100 mq fatti in solitaria.
Il cibo a vedersi è qualcosa di semplice, allegro e colorato. Io cerco di reinterpretarlo in una chiave un po’ pop. Alle persone risulta esteticamente gradevole. Inoltre, le mie opere richiamano qualcosa che le persone conoscono risultando più digeribili pur trovandosi sopra a messaggi indigesti.

L’arte è aggregazione e nell’arte pubblica lo è ancora di più…
L’arte pubblica è di tutti, è nelle strade, nei posti in cui si raccoglie la gente. L’arte pubblica vive negli occhi di chi guarda. Un’opera di street art non è per sempre. Ieri non c’era, oggi c’è e domani non c’è più. È estremamente effimera, le città sono vive e cambiano in continuazione, ma la gente resta. Le emozioni delle persone e il ricordo dell’opera resta, è quella la magia.

Hanno scritto di te che il tuo è un “antifascismo artistico”? Non vuole essere un’azione politica…
Come tutti ho anch’io le mie idee in merito alla politica e alla società. Tuttavia, l’antifascismo per me non è una questione politica. L’opposto di fascismo non è comunismo ma libertà.

La tua è anche una passione per il cibo?
Oh sì, io amo mangiare! Mangerei sempre costantemente.

I tuoi murales lottano contro l’odio, la violenza…e “cantano” di libertà…
Si, mi piacerebbe tanto che CIBO fosse disoccupato!

Ami molto il tuo paese, ho letto che organizzi anche delle passeggiate in bicicletta per fare un tour dei tuoi lavori?
Quella è un’idea che mi piacerebbe riuscire a realizzare. Sono alcuni anni che ci penso ma purtroppo per un motivo o per l’altro non è ancora stato possibile farlo. Ma ho già il nome “CicloCIBO, una gita tra campagna e murales” 😀

E i bambini? Il tuo immaginario credo sia molto godibile…
I bambini danno le soddisfazioni più grandi. Quando passano mentre sto lavorando vedo proprio che si illuminano e iniziano subito a fare mille domande.
Poi ci sono maestri che magari nelle scuole elementari iniziano a introdurre l’argomento e parlano del mio lavoro per spiegare anche solo che “dirsi le frasi brutte non va bene” così spesso mi arrivano disegni con frutta verdura firmati dai bambini. Poi ormai sono tanti anni che lo faccio e questi bambini sono anche cresciuti e così me li ritrovo magari sui social che mi scrivono “ti abbiamo studiato in arte”, “ho fatto la tesina su di te”, “la prof. ci ha fatto vedere i tuoi lavori” ecc…

Hai mai lavorato con le scuole per laboratori didattici? Non si parla mai abbastanza di educazione alimentare.
Mi capita spesso di essere chiamato dalle scuole, tanto in Italia quanto all’estero. Quando riesco collaboro volentieri. Spesso mi chiamano per parlare della mia missione sociale, quando è così prediligo superiori e università soprattutto per una questione di temi trattati che prevedono una certa base di storia.
Mi è capitato di collaborare con qualche asilo e primaria e lì magari si parla di più dei 5 colori della frutta e della verdura. A questo proposito ho recentemente fatto le illustrazioni di un libro per bambini proprio sull’alimentazione. “William Love’s Avocado” di Robert Benda. Al momento è disponibile solo in inglese ma a breve arriverà anche in italiano.

Come comincia il tuo percorso artistico e la passione per l’arte?
Da che ho memoria ricordo di aver sempre disegnato. I miei hanno sempre spinto questo mio lato creativo. Alle superiori poi ho studiato al liceo artistico e all’università design.

Lo stile scelto per i tuoi lavori, se non erro, sembra appartenere alla sfera del fumetto e dell’illustrazione. Hai dei modelli di riferimento?
La maggior parte delle paghette la spendevo in fumetti quindi sì, ho subito l’influenza dei manga che erano i miei preferiti.

Cosa pensi della Street Art in Italia rispetto al resto del mondo?
E’ dalla notte dei tempi che la gente disegna sui muri. Oggi ci si aspetta la street art come un’arte globale prendendo come riferimento lo stile statunitense e l’utilizzo di determinati strumenti (le bombolette) ma se pensiamo alla storia Italiana troviamo una grande tradizione di arte murale basta pensare agli affreschi del rinascimento e al muralismo sardo che vive tuttora.

Ricevi anche commissioni pubbliche?
Si mi capita spesso ma non nella mia città. Mi chiamano le ambasciate dall’estero sono stato a Parigi, probabilmente andrò in Israele poi ci sono altre attività internazionali ma ancora da definire.
In Italia mi chiamano più che altro associazioni che in partnership con le amministrazioni locali vogliono riqualificare aree urbane.

I food blogger o le riviste di settore sono interessate al tuo lavoro?
Diciamo che è una notizia divertente di cui parlare ma più le riviste di settore di alto livello che i food blogger. Due esempi tra tutti: La Cucina Italiana e Gambero Rosso.

Insomma Cibo, si può davvero dire nel tuo caso che “la bontà salverà il mondo”…
Io lo spero. Spero davvero di motivare altre persone a fare lo stesso, con il proprio linguaggio e stile.

15 Marzo 2022

Alessandra Caponi

Alessandra Caponi nasce a Roma nel 1981. Dopo la laurea in Storia dell’Arte Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tre, si specializza sull’arte degli anni Sessanta a Roma. Collabora con Gino Marotta per cinque anni nella gestione dell’archivio e organizzazione delle mostre. Lavora con collezionisti privati nella realizzazione di archivii cartacei e digitali. Recentemente ha scritto il testo critico “Committenza pubblica e privata: cinema, teatro, arredamento 1940-1958” in occasione della mostra Leoncillo. Materia radicale presso la Galleria Lo Scudo di Verona. Vive e lavora a Roma.

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