Contemporary Art Magazine
Autorizzazione Tribunale di Roma
n.630/99 del 24 Dicembre 1999

Guerra

L'espressione del dolore di Edvard Munch e Francis Bacon
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Con la guerra in Ucraina siamo entrati in un vortice di esasperazione emozionale nell’urgenza di appianare le divergenze internazionali tra l’Est e l’Ovest del mondo. I morti sono a migliaia e la distruzione ci tocca da vicino mentre milioni di profughi si stanno spostando in Occidente nella speranza di ricevere cure e avere una vita migliore.

La desolazione appare lampante e soprattutto si manifesta uno scoramento indicibile. Immersi in tale dolore possiamo capire e parlare di due autori: Edvard Munch (Løten, 12 dicembre 1863 – Oslo, 23 gennaio 1944), di cui esamineremo l’Urlo, e Francis Bacon (Dublino, 28 ottobre 1909 – Madrid, 28 aprile 1992) di cui approfondiremo l’opera.

Bacon inizia a dipingere, con il suo modo incredibile, nel 1945, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. La sua pittura “diretta” voleva rendere evidente la metamorfosi della ragione dovuta al risveglio dei mostri, in riferimento a Hitler e Stalin. Non ci dimentichiamo che la sua infanzia era stata segnata da un’Irlanda in guerra: sacchi di sabbia alle finestre di casa della nonna, imboscate, esecuzioni. Bacon si era accostato alla distruzione ed alla morte, cui aveva assistito in varie guerre, che lo avevano segnato nel profondo, e ciò gli ha permesso di esprimere la drammaticità dell’animo umano.

Mentre l’Urlo di Munch – datato 1893 nella prima versione, 1895 e 1910 nelle altre due versioni – è un grido che racchiude tutto il dramma esistenziale dell’uomo moderno in linea con la situazione della sua epoca, e grida per una reazione inconscia, ancestrale, assoluta. L’essere umano, raffigurato da Munch, è atterrito e mosso dall’ angoscia. Un termine agisce in profondità nella comparazione dei due autori: Bacon diceva che la sua pittura era la rappresentazione di un “grido”, un “grido nel tempo”: il tempo grida nella torsione, nella stretta sessuale, nell’eroicità; riferimento che si accosta incredibilmente all’opera di Munch.

Bacon, nella sua pittura, esprime inferno, disperazione, smembramento, malessere, dolore, accanimento, orrore, mentre Munch, ne L’urlo, descrive un uomo paralizzato dal terrore e dall’atterrimento.

Nel quadro di Munch, il primo piano agghiacciante, genera sconcerto, solitudine, difficoltà di comunicazione. La figura è deformata, quasi un ectoplasma, un ectoplasma calvo, con una testa, quasi un teschio, in proporzione più grande del corpo. Il corpo è fluttuante, come tutto intorno a lui, tranne il sentiero che va verso il fiordo, in salita sulla collina di Ekberg sopra la città di Oslo, tranne le due figure sullo sfondo. Gli occhi della figura sono vuoti, il naso è composto da due piccoli buchi neri, la bocca è aperta e emana un urlo pieno di scoramento, ed è proprio l’urlo che sembra influire su tutto il paesaggio, mentre le due mani si poggiano perentoriamente sulle orecchie quasi non riuscisse a sentire la propria voce. Non si sa se sia un uomo o una donna, in realtà sembra essere l’umanità nella sua universalità. E le due figure sullo sfondo sembrano ricordarci, fermi e impettiti, come se non si accorgessero di quel grido, un mondo in cui vi è solo ipocrisia. Il paesaggio sulla destra è, quindi, non naturale e respingente, si può pensare ad un riferimento all’irrequietezza dell’artista: il mare è una massa compatta e scura, mentre il cielo si compone di fasci che emanano dolore, le nuvole sono incombenti in maniera ostile.

Il carattere deformato dell’opera richiama il carattere deformato dei dipinti di Bacon: entrambi raccontano la verità tramite uno stile che potrebbe definirsi anti – realistico, ma che forse è più reale della realtà. Dalle parole di Bacon: “Se una cosa viene trasmessa in modo diretto, la gente la sente come terrificante… Ha la tendenza a offendersi dei fatti, di ciò che si ha l’abitudine di chiamare verità.” E ancora: “Quello che voglio fare è deformare la cosa e scostarla dall’apparenza, ma in questa deformazione ricondurla a una registrazione dell’apparenza.”

Gilles Deleuze, in Logica della sensazione, dirà di lui: “Bacon colpisce l’occhio come involucro con un segno in rilievo, in maniera tale che lo sguardo passi, in anticipo, al di là dell’accecamento che lo aspetta.” L’artista rende visibili forze invisibili, dipinge la sensazione contro lo spettacolo, le sue opere più che vederle, si ascoltano, si sentono, si palpano. Si pensi al ritratto di Innocenzo X, realizzato a partire dal quadro con lo stesso soggetto di Velasquez, uno dei suoi grandi maestri. Bacon ha guardato anche a Rembrandt e Michelangelo, mentre, grazie all’audacia di Picasso, è diventato pittore. Ha invece valutato freddamente l’astrattismo americano di Pollock e Rothko.

Lo hanno paragonato a Lucian Freud, nipote del famoso psicanalista, ma lui è più freudiano di Lucian Freud e giudicava la pittura di Freud “realistica, ma non reale.” L’inconscio in Bacon è fondamentale e lo dimostra il suo rapporto con il corpo che si può definire, dalle sue parole: “Volontà soggiogata dall’istinto.” Il troppo vero di Bacon sta nell’emotività diretta alla deformazione che però parla della verità, e dal suo punto di vista è così che la pittura è stata liberata.

L’inconscio è essenziale anche per Munch: il sentimento di malessere di Munch è quello degli intellettuali di fine Ottocento, nel loro pessimismo: si metteva in dubbio ciò che era certo, le certezze che fino ad allora avevano contraddistinto l’essere umano, proprio mentre Sigmund Freud indagava gli abissi dell’inconscio.

Chiudiamo con una frase appartenente a Bacon che si può riferire ad entrambi i pittori: “È possibile che a partire dalla disperazione si arrivi a creare l’immagine più radicale, correndo rischi maggiori.”

15 Aprile 2022

Claudia Quintieri

Claudia Quintieri è nata a Roma il 09/03/1975. Si è laureata all’Università La Sapienza di Roma in Lettere e Filosofia con indirizzo Storia dell’Arte Contemporanea. È artista, scrittrice e giornalista. Ha pubblicato i libri La voglia di urlare nel 2012, E così la bambina è caduta nel 2014, Palermo mon amour nel 2020, Raggiro del mondo in 80 giorni firmato insieme a Giorgio Fabretti nel 2020 e Poesie di quarantena nel 2021. Lavora presso le riviste Inside Art, art a part of cult(ure), Lebiennali.com ed E-zine. Molte le personali e le collettive in Italia e all’estero.

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