Quel che resta del fuoco:Elena Bellantoni – Arianna De Nicol
Il giorno 9 settembre 2022 alle ore 18.30, Curva Pura è lieta di presentare la tripersonale di Elena Bellantoni, Arianna De Nicola, Delphine Valli, Quel che resta del fuoco, a cura di Nicoletta Provenzano: un dialogo tra ciò che rimane sotteso nell’ardore trattenuto sotto la cenere, ciò che si forgia nel fuoco e serba le tracce della fiamma, ciò che si consuma e si perde nella propria dissoluzione e fine, nella sfumatura e somiglianza con un passato fuggevole che perdura racchiuso in resistenze, ricordi e spoglie incenerite.
Le artiste, artefici di un fuoco che è axis mundi tra assenza e presenza, danno forma alla condizione di possibilità di un resto inafferrabile e disperso, nel mutamento e passaggio di sopravvivenze ed estinzioni.
Elena Bellantoni, nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, delinea una illuminata osservazione lungo le accorate, sperse e forse spente trepidazioni di coscienze e credi civili, rischiarate e personificate nella diacronia storica, sulle salde orme cineree di un fremito letterario e politico, riconosciute e sedimentate tra i quartieri di Testaccio e Ostiense nei silenzi e nelle malinconie, nelle grida e nei brusii di una vita che scorre istintiva e inconsapevole.
Arianna De Nicola, nella dispersione e sparizione inevitabile della materia, sutura e unifica in una trama fragile e tenace frammenti e cicatrici dell’addio, tramutando il dolore in una intima e struggente permanenza mnestica e sostanziale, ricomposta e rianimata, moltiplicata e disseminata in ogni elemento residuale, il ri-torno di un tutto dissipato nel nulla, tra ascesa e discensione, come azione medianica che sottrae le spoglie dallo spargimento e dalla desolazione luttuosa.
Delphine Valli, tra le fiamme della fucina, modella e tempra la traccia di un vuoto nell’esistenza, di una sospensione della percezione sensibile. L’artista, nella feroce saturazione irriflessa di un perdurare meccanico, conforma una spazialità geometrica, inserita e presenziata nell’oggettività della quotidianità di una dimensione esperienziale, che è flusso parcellizzato e sfumato nell’identità in-cosciente, custodita e innalzata ad assioma. Una fine che lentamente scompare e si spoglia del dicibile, diviene rinnovata combustione feconda, voce poetica che, pregnante, ma enigmaticamente silente, si rivela sussulto di persistenza.
La mostra è un incontro di potenze e conformazioni elegiache trasformate nella vampa del tempo vissuto, di ideali e di edificazioni semantiche riflesse nelle perdite, unioni e separazioni di storie, nell’inquietudine della memoria e dell’oblio.