Il Tempo sottile performance di Gianni Nappa
Il tempo sottile.
Da sempre sul pezzo nelle sue incessanti sperimentazioni volte a mettere in arte i processi cognitivi e scientifici, l’eclettico Gianni Nappa, futurista nell’animo, cultore del pensiero e del fare, si sveste momentaneamente dei panni di curatore per proiettare sulla gente il suo vissuto di pittore, di scenografo, di artista a tuttotondo; un excursus chiarificatore del percorso che lo ha portato a “spiegare” le opere degli altri. Una storia che non lascia spazi vuoti nelle connessioni e negli intrecci e che, nel fluire da un nodo temporale a un altro, si distingue per stratificazione e ricchezza, varietà e complessità.
Per ridurre il divario di esperienza esistente tra il fruitore e se stesso, Gianni Nappa ricorre alla forma artistica di condivisione per eccellenza: la performance, il cui tempo è sottile, ma l’unico equivalente a quello in cui un’opera da pura diventa contaminata e, quindi, attuale. Irreversibile è il processo della contaminazione, ma, proprio perché tale e alla base della trasformazione, non può che essere coltivato, approfondito, diffuso nell’uomo per il raggiungimento della bellezza oggettiva e universale.
La nostra epoca globalizzata, post-moderna, carica di differenza, inter-culturale, reclama una mentalità formativa, sociale e di cittadinanza e l’arte, grazie alle sue peculiarità, ne diviene annuncio.
Gianni Nappa, nel ri-utilizzo degli strumenti e dei linguaggi d’arte possibili che il tempo sottile comporta, si avvale della luce quale viatico dalla percezione pura a quella visiva, delineando la differenza sostanziale tra l’atto del guardare, meccanismo autonomo del cervello, e l’atto del percepire, che ne implica l’intervento attivo.
Nei lavori dell’artista i tagli praticati a mo’ di bassorilievo nei poliuretani espansi svelano la luce, dando vita alla materia, le macchie metalliche di colori primari richiamano gli episodici e talvolta improvvisi “affioramenti” della memoria, l’uso del segno, delle forme, la plastica a bolle, le diapositive elaborate a mano e tutti i materiali adoperati, sono funzionali alla costruzione di una nuova visione evocativa che, attraverso l’azione di partecipazione e condivisione con gli spettatori, genera una singolare opera percettiva. Nella conoscenza dell’arte si ravvisa il respiro della libertà cerebrale, del momento in cui il razionale cede all’emotivo, a quel pizzico di follia che fa l’uomo così differente dal percettrone, rendendolo creativo e umanamente grande.
Claudia Del Giudice