Diario 99-016. Alfredo Rapetti Mogol
Concepita come un’unica grande installazione che mette in mostra la produzione di Alfredo Rapetti Mogol dal 1999 a oggi, in tutte le sue variegate sfaccettature, il Giuseppe Veniero Project di Palermo presenta dal 19 novembre 2016 al 6 gennaio 2017 la personale “Alfredo Rapetti Mogol. Diario 99-016”.
Tra tele di grandi dimensioni, carte di piccolo formato, lavori su marmo, installazioni al neon e supporti diversificati come il cemento e la tavola, Rapetti porta a Palermo frammenti del suo universo artistico. Una ricerca, la sua, che è partita dalle opere su tela e che negli ultimi anni si è aperta ad orizzonti più ampi introducendo materiali extra-pittorici e articolandosi in installazioni complesse.
Nucleo fondante rimane sempre la grafia, che se fino a qualche tempo fa era essa stessa più compatta, ora esplode in uno spazio di più largo respiro, più libero, e si cancella, si interrompe, si raccoglie per poi disperdersi nuovamente.
La scrittura di Alfredo Rapetti è significante cui non è associato alcun significato, non è fatta di parole compiute, ma di tracciati che non rimandano a nessuna lingua particolare e, proprio per questo, racchiudono tutte le lingue del mondo.
L’alfabeto dell’artista milanese, scavato nella materia pittorica, parla il linguaggio universale delle emozioni, una sorta di alfabeto emotivo, di tracciato del cuore.
“Segno che perde volontariamente il suo significato letterale – spiega Rapetti – per ricercarne uno più primigenio ed universale, senza barriere linguistiche o culturali, condiviso per sensibilità ed origine. Parola che si trasforma in pittogramma, in pura calligrafia che non contiene ed impone precisi messaggi o personali scelte, ma che eventualmente suggerisce ed evoca risposte private, nell’infinita possibilità di una libera lettura soggettiva”.
La tela lacerata oltre a infrangere la bidimensionalità della rappresentazione per farsi realtà tridimensionale, infrange quindi anche confini culturali perché l’osservatore si ritrovi sul terreno del comune “sentire” e del pensiero.
Solo nella produzione più recente – anch’essa in mostra – il puro segno si riunisce al suo significato, ma sempre in modo inaspettato: le parole che l’artista riproduce sulla tela sono destrutturate, scomposte e ricomposte in modo apparentemente casuale a formare una prosa personale. Solo una lettura più attenta consente di ricomporre le parole in modo usuale e corretto e di ritrovarne il senso compiuto.
Ed è proprio questo che l’artista chiede al suo pubblico: attenzione. Un impegno, un piccolo sforzo ulteriore per non rimanere sulla superficie del suo lavoro, ma per compenetrarlo con gli occhi della mente e del cuore.