Wespace Urban Portraits and Selfie
Il ritratto ha rappresentato il termine di riconoscibilità del potere e sopratutto dei potenti, dei vittoriosi, degli uomini in arme che avevano scritto la storia. Nella scuola fiamminga dopo la diaspora con Roma ed una adesione ad una concezione più laica della società, il ritratto è la rappresentazione della vita di comunità con i marcati e i suoi protagonisti per il popolo, e diventava aulico per i banchieri, i Notai e quanti tra nobili erano coloro che facevano funzionare leggi ed economia. Ma la grandezza di artisti come Leonardo hanno prodotto la Gioconda, e la Dama con l’ermellino, stabilendo nel tempo della poesia cortese anche una rappresentazione di gentile perfezione in contraltare al Montefeltro Duca di Urbino opera di Piero Della Francesca che incarnava il ritratto personale nel ricordo della moglie Battista Sforza morta a soli 27 anni. Ma il ritratto nel tempo arcaico spesso era il modo non intenzionale di rappresentare l’uomo, scevro dal concetto di rappresentatività che ebbe in seguito soprattutto per i Romani dove divenne importante scuola raccolta l’eredità Etrusca. Nell’età moderna, nel 1839 Robert Cornelius produce il primo autoritratto fotografico conosciuto e qui con la fotografia si apre un mondo interpretativo nuovo del selfie. Il selfie, parola diventata d’uso comune anche in Italia l’anno scorso, come concetto esisteva già all’inizio del secolo scorso, ne è la prova questo scatto del dicembre del 1920, che proviene dall’archivio della Byron Company, storico studio fotografico di New York. Ma oggi il selfie è materia sociologica e noi ne presenteremo gli effetti artistici che ne dimensionano la visione urbana attuale.