Viktor Ladviščenko, narratore della storia e della quotidianità dell’Unione Sovietica
Per la prima volta in Europa, verranno esposte le opere del maestro monumentalista russo Viktor Ladviščenko (Leningrado, 1930), che fu esponente del realismo socialista del periodo post-staliniano.
Al fine di calare i dipinti nel loro contesto storico, saranno altresì esposti vari oggetti di design contemporanei alle opere in mostra, realizzati per l’élite burocratica sovietica.
Il progetto della mostra nasce dal desiderio di far conoscere al grande pubblico l’arte del realismo socialista degli anni ’70-’80, presentando le opere di un pittore che ha raccontato la vita quotidiana all’epoca del socialismo.
I dipinti in mostra trasportano lo spettatore in un periodo storico concluso, ormai lontano, e perciò osservabile da quella giusta distanza temporale, che dissolve i pregiudizi ideologici.
La pittura di Ladviščenko ha le sue radici nella corrente classicista, che ha come punto di riferimento i grandi maestri del Rinascimento italiano. Le tempere esposte presentano caratteristiche tipiche della cultura artistica rinascimentale, quali l’inserimento delle figure in uno spazio perfettamente prospettico; l’utilizzo del supporto del trittico, retaggio della pittura del ’300 e del ’400 italiano; la costruzione delle figure attraverso l’utilizzo del colo- re e dei volumi geometrici; il gusto per la narrazione e per la funzione didascalica dell’opera d’arte.
Ladviščenko, grazie ad una pennellata precisa e sintetica, si rivela uno straordinario narratore della storia e della vita quotidiana. Rappresenta episodi di lavoro in fabbrica o di riposo in campagna, che all’apparenza pos- sono sembrare marginali, rispetto ai grandi eventi storici, ma che in realtà hanno un’importanza assoluta. Nel dipingere lavoratori forti ed operosi (Lavoro nel Kolchoz, anni ’70), conferisce loro uno status eroico, abbastanza raro nella tradizione iconografica europea, che generalmente utilizza questi soggetti per illustrare temi di denuncia sociale (ad esempio, Gli spaccapietre, 1849, Courbet); infatti, il lavoro, nella società socialista, non era inteso in termini di mera subordinazione, ma principalmente quale apporto fondamentale dell’individuo alla collettività.