Lucio Del Pezzo. Opere anni ’60. Napoli
Torna a Napoli dopo un’assenza di quindici anni, Lucio Del Pezzo, con una mostra di portata museale presentata alla galleria AICA Andrea Ingenito Contemporary Art dall’11 novembre 2016 al 7 gennaio 2017.
La piccola antologica dal titolo “Lucio Del Pezzo. Opere anni ‘60. Napoli”, curata da Andrea Ingenito e Piero Mascitti e realizzata in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano, espone circa venti opere – collage, acrilici, tempere su tavola e una monumentale scultura in legno di 250 cm d’altezza – tutte risalenti agli anni Sessanta.
Furono anni cruciali per l’artista partenopeo: è proprio nel 1960, infatti, che lascia Napoli per Milano e che comincia il passaggio – artistico – dal disordine, dall’anarchia, dall’oggetto recuperato dai rigattieri napoletani, all’ordine, all’equilibrio, all’oggetto artigianalmente ricostruito.
Nella mostra alla galleria di Andrea Ingenito si ritrova questo delicato momento di transizione: alcune opere raccontano ancora un Del Pezzo legato al folklore, al “barocco” di Napoli, altre riportano un artista già rigoroso e “neoclassico”.
In questa fase la figurazione neodadaista degli esordi intrisa di riferimenti alla cultura popolare partenopea, apprezzabile in lavori come La noia, tempera, olio e collage polimaterico su tavola del 1961 o lo splendido Senza titolo del 1962, evolve verso una geometria razionale dal sapore metafisico, dove l’essenzialità delle forme rimanda a una dimensione archetipica che tuttavia reca il segno di un’attenzione al linguaggio pop. Una metafisica, quella di Del Pezzo, giocosa e scanzonata che ironizza e allo stesso tempo blandisce la situazione dell’odierna società consumistica e ne sottolinea i pregi e i difetti.
Emblematici, in tal senso, il Senza titolo del 1964 e Rosebud del ’65.
In tutte le opere in mostra si rintracciano le sue cifre di sempre: il disegno materico, il colore che si rapprende, il clima sospeso tra realtà e irrealtà e la sapienza artigianale.
In lavori come Grafismi del 1967, opera a cavallo tra pittura e scultura, e ancor più nell’imponente À Paris (1966, 250x140x34 cm), Lucio Del Pezzo esprime tutta la sua capacità manuale. Presentando una propria mostra a Rovigo alcuni anni fa, lo stesso artista dichiara: “Occorre l’ispirazione, ma occorrono anche tante altre cose: inchiodare, martellare, incollare, tagliare, sezionare, impastare, filtrare e blandire i colori. Le mani lavorano attorno a quello che il talento, quando c’è, intuisce”.
E c’è, infine, la dimensione del gioco e del divertimento. Sempre l’artista a tal proposito spiega: “Il divertimento deve essere insito nell’arte altrimenti è come mettersi la toga”. Un elemento ludico che è però sempre controllato dal rigore e dalla pulizia, da quella disciplina, cioè, in grado di trasformare il gioco fine a se stesso in arte.