Klas Eriksson – Be Andr Transformative Limits a cura di Lorenzo Bruni
Opening Sabato 17 gennaio 2015 dalle ore 18.00
La Galleria Eduardo Secci è lieta di presentare sabato 17 gennaio 2015 dalle ore 18.00 la doppia personale di Be Andr (Norvegia) e Klas Eriksson (Svezia), con opere scelte e realizzate appositamente per l’occasione. Questa è la prima mostra in Italia per i due artisti di origini scandinave, oltre ad essere un’opportunità unica per un incontro tra le loro personali ricerche. I lavori esposti sono generati dall’utilizzo di tecniche differenti e variano da grandi quadri astratti a video di azioni performative, da sculture con lettere in legno a testi in vinile posti su superfici specchianti, da opere fotografiche ad interventi site specific. Il catalogo realizzato su questo progetto contiene, oltre alle interviste agli artisti, un testo del curatore Lorenzo Bruni dal titolo: Look – It is right here!
La doppia personale di Be Andr e Klas Eriksson è caratterizzata da opere che evocano e concretizzano la potenziale relazione tra l’osservatore e l’ambiente che questi attraversa, analizzandone le implicazioni a livello fisico, ottico e psicologico. Per gli artisti, tuttavia, questo è solo il punto di partenza per aprire una discussione proficua attorno a cosa comporta oggi, nell’era del “villaggio globale” e delle “esperienze virtuali”, condividere con gli altri “diversi da sé” l’essere consapevole di quel particolare rapporto tra “io e attorno”. Queste tensioni sono affrontante da Be Andr adottando delle “sentenze” in lingua inglese e collocandole poi nello spazio architettonico in modo da influenzarne il significato rispetto alle condizioni ambientali in cui sono fruite. Così, le lettere in legno poste come una scultura monumentale o un assemblage in mezzo alla stanza o le lettere in vinile disposte su una superficie riflettente posseggono prima di tutto la caratteristica di rendersi delle “presenze” il cui significato e significante si rincorrono continuamente e si trasformano rispetto alla presenza dell’osservatore. Klas Eriksson, invece, utilizza dei fumogeni colorati tipici della tifoseria da stadio per realizzare azioni nel paesaggio naturale o urbano con cui stabilire una momentanea aggregazione, al limite con il sogno, tra le persone coinvolte. I video e le fotografie che scaturiscono da queste esperienze spostano la questione dal luogo in cui si svolge l’azione alle identità delle persone coinvolte e alle motivazioni che le potranno ancora unire in futuro. Mentre i grandi quadri realizzati con lo stesso materiale di polvere colorata, le cui superfici vorticose ricordano le velature intense e senza materia alla Mark Rothko o le nebbie dinamiche e dense di emozioni di William Turner, non sono per l’artista soltanto delle tracce di un certo tipo di contatto con il mondo, ma costituiscono dei dispositivi che pongono l’attenzione sullo spazio architettonico e sul pubblico con cui le opere stesse si pongono in dialogo.
I referenti e i materiali espressivi utilizzati da Be Andr e Klas Eriksson sono molto distanti tra loro, mentre è simile il processo cognitivo/esperienziale che gli artisti vogliono presentare nello spazio espositivo. Il movente che li guida è quello di provocare una reazione “all’osservare senza guardare” che si è diffuso negli ultimi dieci anni con il surplus delle informazioni e con l’illusione che le conoscenze dell’umanità sono tutte a portata di mano, indipendentemente dal praticarle o meno. Quello che Be Andr rappresenta con le sue opere non è il linguaggio, così come Klas Eriksson non rappresenta il paesaggio; questi sono i mezzi con cui possono suggerire all’osservatore di praticare la linea sottile di confine tra il ricordare e cercare nuovi significati, tra l’accettare e mettere in discussione i dati del reale, tra la dimensione astratta e quella concreta. Infatti, la parola ART dipinta e sbarrata con un rettangolo nero che costituisce l’elemento centrale di un quadro di Be Andr, o la grande tela con l’immagine dello “Smiley” realizzata con lo spray antisommossa al peperoncino di Klas Eriksson, propongono allo stesso tempo un soggetto/concetto apparentemente chiaro e tuttavia disturbante. Questo perché vogliono portare alle estreme conseguenze, fino all’implosione, l’attuale ambiguità che esiste tra segno e immagine, tra significante e significato per poi aprire un dibattito attorno alle nuove possibili relazioni tra i massimi sistemi e le singole esperienze. Quello a cui puntano i due artisti scandinavi nella mostra alla Galleria Eduardo Secci Contemporary a Firenze è proporre “un’epifania dell’attorno” al fine di parlare e discutere a proposito di cosa possiamo intendere oggi per conoscenza del reale, per identità collettiva e di come si raggiunge la consapevolezza del contesto (tempo/spazio) che il soggetto si trova ad attraversare di volta in volta nella così definita “modernità liquida”.