Keramikos 2014
La biennale Keramikos, nata con l’intento di valorizzare la ceramica quale linguaggio artistico del contemporaneo, il suo status e ruolo nel panorama della operatività artistica attuale, si presenta per questa edizione 2014 in due prestigiosi Musei archeologici, che accoglieranno interessanti proposte della ceramica d’autore. Il Museo Nazionale Archeologico di Tarquinia ospiterà le opere di Tonina Cecchetti, Mirna Manni, Rita Miranda, Simone Negri, il Museo Nazionale Archeologico di Tuscania le opere di Carla Francucci, Sabine Pagliarulo, Attilio Quintili, Antonio Taschini. La rassegna si terrà dal 6 dicembre all’11 gennaio 2015 con due diverse inaugurazioni nella giornata di sabato 6 dicembre: alle ore 11.00 al Museo nazionale archeologico tarquiniense e alle ore 16.00 al Museo nazionale archeologico tuscanese, per una giornata intensa, all’insegna della qualità e dell’arte. L’evento è a cura dell’Associazione Magazzini della Lupa in collaborazione con il critico d’arte Luciano Marziano, con il Patrocinio del Comune di Tarquinia e del Comune di Tuscania. Keramikos ha sempre testimoniato grande espressività artistica e creatività, diversità di stili e linguaggi originali, pluralità di tecniche e di ricerche. Sulle proposte in esposizione per questa nuova edizione scrive Luciano Marziano “Nell’intento di evidenziare una delle tante possibili linee di ricerca che il vasto territorio dell’arte contemporanea offre, pare di potere individuare nelle opere dei partecipanti una linea di sacralità laicamente intesa con esiti espressivamente significativi. In Tonina Cecchetti la modulazione del calco, il forte contrasto cromatico dell’immagine giocato sull’ocra e il bianco rimandano a un mondo nel quali la memoria della violenza si coagula nel luogo dell’innocenza. Il motivo dell’infanzia si inscrive in una sorta di sublimazione con la figura dell’angelo che mantiene una sorgiva tenerezza espressiva pur nella durezza della mutilazione e nella pesantezza di ali che lo immobilizzano al suolo. Carla Francucci nella linea di verifica dell’entità materica compie una svolta: dalla verticalità di esili figure di ascendenza floreale transita nella orizzontalità della terra. Pone in atto un’operazione di mimesi affidata alla reiterazione modulare delle piastre disposte dove vengono accolti i segni di un vissuto ottenuti per intervento primordiale della mano. Mirna Manni si muove lungo un doppio registro basato su un sorgivo organicismo e una incoercibile verifica del dato materico non alieni da formalizzazioni rituali che inducono a immettere nella strutturazione iconica una componente totemica approdando, a volte, alla dimensione dell’installazione. Ne deriva quella sorta di positiva ambiguità che ha i suoi cardini nella immagine del bozzolo che si propone come cifra personale e verifica del dato materico. Rita Miranda appronta dei cerchi magici come luoghi dell’anima dentro il cui perimetro immette una figurazione astratta che, nel permanente rimando al tondo, declina già nell’area emblematica racchiusa nel minimalismo cromatico. L’assemblaggio, pur nella organicità degli elementi, è scandito secondo un ordine razionale in grado di conferire alla composizione una metafisica lontananza cosmica. Simone Negri rimanda ad un complesso mondo la cui arcaicità consente di individuare originarie germinazioni compositive. Utilizza gli elementi di tradizione come il vaso, la ciotola che ricompone in una strutturazione scultorea allusiva della dimensione ambientale i cui elementi costruttivi rimandano alla colonna, al contrafforte. Affiora, pur nella generalizzata monocromia, un’istanza pittorica. Sabine Pagliarulo prende atto della consistenza del vaso, della ciotola, ne coglie la struttura formale e con un atto transitivo trasferisce quello che tradizionalmente ha destino di oggetto d’uso in contenitore di eventi plastici. Ne deriva un mondo frastagliato nel quale si insinua l’astrattezza dello spazio che l’artista concretizza in percorsi materici ottenuti per rapporti plastici sottolineate da leggere fatturazioni. Attilio Quintili propone figurazione come residuali di un cataclisma cosmico conseguite con concreti e calcolati interventi esplosivi all’interno di oggetti che pur mantenendo ancora la memoria del vaso, transitano nell’ambito della scultura. Ne deriva una coinvolgente ed estesa narrazione dai risvolti indiziari di una fragrante situazione attuale che l’artista propone nella estensione dell’installazione. Antonio Taschini sulla base di un’impostazione totemica, organizza uno svolgimento strutturale con variegati rimandi che dall’ordine geometrico si diramano in complessi episodi nei quali l’emblema affiora dalla riconoscibilità figurale. La dimensione sacrale si fa rito recuperando la dimensione decorativa con la suggestione dello splendore degli apparati celebratori”.