GOLIARDA POP
Goliarda nasce nel ‘24, non gode di alcuna fama ed è un’ex attrice del neorealismo italiano. Muore nel ‘96, da scrittrice. «Goliarda non esiste. Lei è l’esistenza», dicevano di lei, scherzando, alcuni amici per intendere un tratto della personalità che caratterizzava sia la donna che l’artista: mettersi sempre in gioco e sempre con estrema passionalità. Era un tipo di donna che induceva negli altri il desiderio di autenticità.
Di lei conosciamo le doti artistiche di attrice, ballerina, cantante e affabulatrice della parola che emergono fin da quando Goliarda è bambina ed adolescente, in cui ai successi di enfant prodige si alterna una salute precaria e l’insorgenza di malattie lunghe e gravi, come la difterite e la tubercolosi. Nel 1943 si trasferisce con la madre a Roma, dove frequenta l’Accademia d’Arte Drammatica, allora diretta da Silvio D’amico. Gli piace fare l’attrice ma non le piace il mondo falso in cui spesso vivono attori e attrici di successo; non si diploma e forma una compagnia di avanguardia insieme ad altri attori basata sul metodo Stanislavskij. Successivamente incontra il regista Citto Maselli: ha inizio una relazione fortissima, simbiotica, ma aperta a nuovi incontri, durata oltre 18 anni, e che, anche dopo la sofferta separazione, si trasformerà in una sincera amicizia. Frequenta ambienti esclusivi e lavora, oltre che con Maselli, con registi come Luigi Comencini, Alessandro Blasetti, Cesare Zavattini e Luchino Visconti, prendendo parte attivamente alla corrente del neorealismo italiano, luogo per eccellenza di partecipazione civile, politica e morale di quel tempo. Vivendo direttamente, ma in maniera critica, il mondo artistico, impara a riconoscerne le contraddizioni e a costruirsi una personalità propria, che la scrittura letteraria fa emergere in tutta la sua potenza. Di Goliarda non si può tacere il suo animo, tramato da tante tessiture, predisposto a grandi entusiasmi e grandi disfatte, che la porta a tentare due volte il suicidio. Dal coma che ne consegue Goliarda è traghettata in tutt’altro luogo esistenziale rispetto all’ambiente di intellettuali, artisti e cinematografari: un luogo più luminoso, ricco e sano, in cui l’elaborazione del lutto si trasforma in rinascita e apertura alla ricchezza umana, e in capolavori come L’arte della gioia. Goliarda Sapienza è un’autrice piena di vita e di talento, con una scrittura epica che la rende un’immensa scrittrice visionaria e concreta al tempo stesso. Il suo capolavoro, L’arte della gioia, è un immenso romanzo di formazione che invita all’autodeterminazione, all’autocoscienza, alla rottura dei tabù, alla ricerca continua. A tutto questo desideriamo rendere merito con Tratti progetto teatrale; non è una biografia, non è un affresco a tutto tondo ma sono tratti, passi dentro i fogli che una donna, un’artista che possiamo dire post moderna, ha lasciato a noi contemporanei. Goliarda è paradigma di modernità necessario alle nuove generazioni che hanno bisogno di trovare nuovi archetipi in grado di narrare il loro presente e, indubbiamente, Goliarda rappresenta un umano inesplorato dal grande pubblico. Partendo dalle sue parole, attraversiamo scritti che ci fanno da bussola per indicarci la via alla felicità. Approcceremo il suo testo con amore, daremo corpo e vita alle parole d’amore che il testo di Goliarda ispira, invitandoci a seguire la difficile Arte di provare Gioia, la Gioia di Vivere! La performance attoriale vede la drammaturgia di Elia Castello e le voci di Chiara Casarico e di Lucia Bendia; inoltre si fregerà dell’ODAIKO, il grande tamburo giapponese che si dice che riproduca il suono del battito del cuore che ben testimonia la tranche de vie di Goliarda, ampliandola e interpretandone accelerazioni, sussulti, rallentamenti: una vibrazione profonda che risuona nell’aria, anticipata dal gesto preparatorio, quasi una danza, del musicista che si accinge a percuotere il tamburo. L’energia del tamburo giapponese (Taiko) viene trasmessa a chi l’ascolta dalla percussionista: Rita Superbi, fondatrice del Gruppo Taiko che creerà una drammaturgia non solo sonora ma anche gestuale di particolare impatto visivo e coinvolgerà il pubblico in modo del tutto inaspettato.
Lo spettacolo si terrà domani Giovedi 12 settembre, alle ore 21.00, nell’elegante contesto del Museo nazionale etrusco di Rocca Albornoz di Viterbo.
L’evento è gratuito ed aperto a tutti.