Emiliano Coletta – Debora Mondovì, Legami e lesioni
Scultura ceramica, terracotta e arazzi in macramè le opere inedite presenti in mostra tra i due autori: un dialogo artistico intrigante che analizza in che modo, dopo la pandemia, tiriamo le fila dei rapporti umani. Da qui le lesioni e i legami del titolo.
Il progetto espositivo nasce infatti da un’intuizione sul tempo sospeso: quando sembrava che nulla accadesse sotto la superficie di calma apparente brulicavano pensieri, idee e nuove conoscenze.
Un tempo restituito che ha costruito nuovi legami.
Da lì l’idea primitiva della mostra, che è un’idea di accoglienza e sperimentazione di nuove strade, mettendo in rapporto inedito l’opera di due artisti.
Legàmi, come quelli di Debora Mondovì e dei suoi lavori legature di corde a nodi e arazzi che raccontano lo scorrere di un tempo lento, che sappia ricucire positivamente le lesioni. Lesioni, come quelle delle opere in ceramica di Emiliano Coletta, che si formano quasi autonomamente su una materia lavorata velocemente e volutamente fuori dai canoni, governando il caso.
Emiliano Coletta affronta senza schematismi e paludamenti il grande dilemma tra decorazione e significato, lavorando sulla forma astratta come unica possibile per lui. Propone in mostra le sue Bagatelle, sculture ceramiche nate negli ultimi due anni dal titolo che minimizza con leggerezza l’antica diatriba: può la ceramica, materiale tradizionalmente funzionale, essere un medium artistico? Il colore, la brillantezza della ceramica aggiungono o tolgono alla scultura? Opere che nascono volutamente da una tecnica ‘sbagliata’ – ammesso che esista una tecnica giusta nell’arte – tanto nei tempi, quanto nella modellazione e nel mix degli ossidi colorati che usa anche a terzo fuoco. Ossidi che danno quel colore e lucentezza per lui fondamentali: non una poetica dei materiali, ma materiale che si presta all’idea cercando uno specifico cromatico della forma scultorea.
Se il colore brillante delle opere di Emiliano Coletta esalta il valore della plasticità cercando uno specifico cromatico della scultura, il dialogo con le terrecotte naturali di Debora Mondovì si fa affascinante: un cromatismo che nasce meditatamente dalla giustapposizione della materia nella sua consistenza primigenia a fronte di un’esplosione formale e cromatica che sembra quasi una colata lavica incandescente.
Galleggiano e volteggiano con delicatezza aerea gli arazzi di recentissima produzione di Debora Mondovì, disegnano arabeschi e ideogrammi di corde, trame e tessuti, di ombre proiettate che oppongono la determinazione paziente del femminile all’irruenza volitiva del mascolino.
Nasce una narrazione inedita, dove i segni annodati e inferti nell’argilla scrivono una nuova geografia, ricucendo se necessario le nostre anime stropicciate.