Bengt Lindström, un’onda vagabonda
Una mostra decisamente importante quella che la Galleria San Carlo ha inaugurato il 7 aprile. 22 opere, inedite in Italia, realizzate tra il 1965 e il 1990 dall’artista svedese Bengt Lindström, uno dei grandi espressionisti del secondo Novecento europeo.
Gian Carlo de Magistris ha esposto le opere di Lindström a partire dagli anni Ottanta in una serie di importanti personali e numerose collettive e il forte rapporto di amicizia che, negli anni, si è creato tra gallerista e artista è alla base di questa mostra. Appena entriamo nella home gallery rimaniamo folgorati da una monumentale opera che misura circa due metri per due metri e l’ammaliante visione ci introduce, non solo fisicamente, nell’atmosfera incantata e seducente di questa mostra.
Un mondo magico e suggestivo quello in cui ci conduce Bengt Lindström, l’universo mitologico scandinavo e lappone, basato sulle forze della natura personificate in “spiriti tutelari” che abitano i boschi, i laghi, i fiumi, presenze apparentemente inquietanti, ma anche custodi delle attività umane.
Bengt Lindström nasce il 3 settembre 1925 a Storsjökappel, piccolo villaggio del Norrland, Svezia. Il suo padrino, capo dei Lapponi del luogo, gli amministra il battesimo della terra, un passaggio tra le intricate radici di un albero morto, rituale che assicura la protezione degli dei contro i pericoli della vita. L’unione tra uomo e natura, un legame fisico più che metafisico, è la cornice della poetica di questo artista così amato a livello internazionale. Il suo stesso particolarissimo espressionismo trova le sue radici nell’universo mitologico nordico. Come scriveva Richard Miller “L’espressione, in Lindström, non è supplemento, un di più imposto dall’esteriore. è una alterità ancorata nell’identità, articolata nella forma, senza la quale questa stessa è impotente ad essere… L’espressione è ciò che conduce la forma a essere ciò che è. La forma sola non è che impressione. è solo nel movimento della sua espressione che essa acquisisce la capacità di essere realmente forma così come la vista è visione, solamente quando è elaborata in se stessa, da una alterità invisibile, senza la quale si avrebbe soltanto una impressione della retina…”.
E la fisicità della sua arte emerge nella sua tecnica: materiche pennellate dense di colore che quasi trasformano l’opera pittorica in un’opera scultorea.
Una mostra da non perdere questa, sia perché non sono molte le occasioni per poter ammirare le opere di Lindström, sia per il particolare e incisivo allestimento frutto, della raffinata competenza e, in questo caso, vogliamo aggiungere del grande affetto che legava il gallerista all’artista.