Contemporary Art Magazine
Autorizzazione Tribunale di Roma
n.630/99 del 24 Dicembre 1999

无界 – UNBOUNDED

L’arte cinese contemporanea per la prima volta alla Casa del Mantegna a Mantova.
”无界 – UNBOUNDED”, a cura di Zhu Tong ed Eleonora Battiston, con il coordinamento scientifico di Simona Gavioli, è il titolo dell’originale mostra che dal 29 marzo al 1° maggio 2017 sarà visitabile nei prestigiosi spazi della dimora mantegnesca. Si tratta di un’esposizione unica e originale, per celebrare il dialogo tra due tradizioni legate dal profondo rapporto con il passato, come quella pittorica di Mantova e quella di un paese a sua volta fortemente influenzato dalle proprie origini come la Cina.
“Un evento – sottolinea Beniamino Morselli, presidente della Provincia di Mantova e ‘padrone di casa’ essendo la Provincia proprietaria della Casa del Mantegna – che, attraverso nove artisti cinesi di fama mondiale, conferma la città virgiliana come luogo d’incontro internazionale e di elaborazione di nuovi paradigmi culturali: un museo diffuso e interattivo, dove l’espressione artistica dialoga con l’incantevole patrimonio architettonico della città, gioiello del Rinascimento famoso in tutto il mondo per la sua storia e gli inestimabili tesori d’arte”.

L’incontro con la Cina converge innanzitutto nella scelta del titolo della mostra, che fa direttamente riferimento all’originale volumetria cubica della Casa del Mantegna (eretta a partire dal 1476), dissimile da ogni altro cortile del Rinascimento.
Al suo interno si trova, infatti, un cortile cilindrico, sobrio e di austera eleganza, che allude alla simbologia del divino (il cerchio iscritto nel quadrato), rimandando allo spirito ricettivo dell’artista ¬– una dimensione che è anche sottilmente suggerita dal motto Ab Olympo iscritto sopra uno dei portali del cortile e dal fatto che l’intera costruzione sembra ruotare intorno a questo nucleo rotondo. Da qui, il titolo suggestivo wu jie/Unbounded – illimitato, sconfinato, infinito – inteso come continuità nel tempo e nello spazio, così come il cerchio rappresenta un ciclo senza fine.

In questo senso, la pittura diviene lo strumento attraverso cui tracciare un pensiero di continuità storica secondo il legame con il passato, al fine di legittimarne i suoi specifici valori. Infatti, la mostra intende fornire una visione dell’attuale esigenza degli artisti in Cina di farsi portavoce e promotori della propria millenaria cultura, pur mantenendo riferimenti tanto locali quanto internazionali. Come spiega il curatore Zhu Tong, “the exhibition shows the artist as a representative figure in the development of contemporary Chinese art, presenting the audience with a thread of artistic development: the flattening of a trend and the possibility of a thorough opening”.
La caratteristica fondamentale delle opere degli autori in esposizione sta proprio nel recupero di un legame con le proprie radici, che riprende, secondo maniere differenti, quegli aspetti tipici dell’arte autoctona, come la centralità della natura o l’importanza del vuoto, seppure avvalendosi di un linguaggio contemporaneo e/o di ispirazione occidentale.

Il primo gruppo presenta gli artisti nati negli anni Cinquanta-Sessanta, che hanno vissuto la Rivoluzione Culturale: Zhou Chunya (1955), Tan Ping (1960), Fang Lijun (1963) e Luo Quanmu (1965). Essi s’ispirano a stili occidentali, come l’arte astratta o l’arte Pop, e sono i primi a essere stati esposti nelle mostre internazionali di arte cinese. Tra di essi, i più famosi all’estero sono sicuramente Zhou Chunya, con i suoi tipici “cani verdi”, e Fang Lijun, conosciuto per i suoi molteplici autoritratti.
Seguono gli artisti nati negli anni Settanta ed emersi all’inizio di questo millennio: Ma Ke (1970), Li Changlong (1975) e Chen Ke (1978). Si tratta di quegli artisti ancora giovani, catapultati nel pieno del boom economico cinese in un turbine di mostre, fiere ed eventi in giro per il mondo. Essi lavorano per creare uno stile tutto proprio, svincolato da una connotazione totalmente locale e sono apprezzati e rappresentati da gallerie internazionali, come la Platform China (Ma Ke) e la francese Perrotin (Chen Ke).
L’ultimo gruppo include due giovanissimi artisti nati negli anni Ottanta, Cai Lei (1983) e Man Ling (1989), a cui è affidato il futuro della pittura cinese, in bilico tra tradizione e innovazione.
Alla fine del percorso, quello che sarà evidente al visitatore sarà la forte linea di continuità tra la Cina di ieri e quella attuale, dimostrando che, se da un lato, la globalizzazione, le migrazioni e il dialogo con l’Occidente hanno arricchito di nuovi stimoli la produzione artistica su entrambi i fronti, dall’altro però non hanno intaccato l’eredità culturale del passato.

Ufficio Stampa Culturalia


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